Il fondatore dell’Istituto Mario Negri ci spiega quali sono gli stili di vita per vivere meglio. E sogna una riforma del Servizio Sanitario.

«Per invecchiare bene bisogna cominciare dall’asilo. Bisogna educare i bambini su quali sono i corretti stili di vita coinvolgendo anche mamme e papà: l’importanza dell’attività fisica, l’alimentazione, l’esercizio intellettuale, le relazioni sociali e il buon sonno che hanno ripercussioni dirette sulle capacità cognitive. E la prevenzione». Nel suo ultimo libro che s’intitola “Invecchiare bene, la guida pratica per vivere a lungo felici e in salute”, il professore bergamasco Silvio Garattini, 92 anni, Presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, che ha fondato nel 1961 e che per tanto tempo ha avuto la sua sede al Conventino in via Gavazzeni, non lesina consigli. L’ha scritto in collaborazione con il dottor Ugo Lucca responsabile del Laboratorio di neuropsichiatria geriatrica del Mario Negri e pubblicato da Edizioni Lswr.

«Noi siamo tra i popoli più longevi, ma quando misuriamo la durata di vita sana scendiamo al quindicesimo posto nella classifica mondiale» ci dice. «La popolazione italiana continua a invecchiare. Questo potrebbe essere un dato positivo perché in Italia si è innalzata notevolmente l’attesa di vita: 85 anni per la donna e 81 per l’uomo, ma purtroppo non sempre s’invecchia in maniera sana. È proprio la qualità della vita degli anziani il punto in cui si potrebbe intervenire migliorando considerevolmente la loro situazione. Come? Ricordandosi della prevenzione, ma oggi più che alla prevenzione si punta solamente a curare le malattie che potrebbero essere evitate. Il 50 per cento delle malattie infatti non piove dal cielo, ma siamo noi che ce le procuriamo con le nostre cattive abitudini. Il 70 per cento dei tumori è evitabile eppure muoiono ancora 160 mila persone all’anno. Noi siamo una popolazione che ha un’aspettativa alta, ma se guardiamo attentamente osserviamo che ci sono 7/8 anni di cattiva vita per via delle malattie, per insufficienza cardiaca, insufficienza respiratoria, per il diabete, l’obesità».

E allora cosa bisogna fare per avere una vita sana? «Educazione e formazione» spiega il professor Garattini. «Nelle scuole si dovrebbe parlare di educazione alla salute a partire dall’asilo e andando avanti a tutti i livelli. Ma non possiamo pensare alla prevenzione se poi lo Stato non fa nulla perché la gente non fumi più, e intanto incassa 13 miliardi di tasse all’anno sulle sigarette. E così pure per le tasse sull’alcol o i giochi d’azzardo che poi provocano la ludopatia, altra malattia da curare a spese del Servizio Sanitario. La prevenzione è un campo che deve essere primario per tutti: vogliamo evitare le malattie e dobbiamo considerare una sconfitta della medicina tutte le volte che c’è una malattia».

Vediamo nei particolari allora come invecchiare bene. Cominciando dall’attività fisica. Cosa dobbiamo fare per arrivare a una veneranda età come quella del professore. «È consigliabile fare un po’ di sport, come il nuoto e la ginnastica, lo sci lo eviterei per il rischio di rompersi una gamba» spiega Garattini. «Ma basta camminare, facendo una minima fatica e sentendo una minima stanchezza. Io per esempio faccio a piedi cinque chilometri al giorno di media per tenere i riflessi in forma. Poi lavoro e dialogo con tutti per mantenere attivo il cervello. Spesso mi fermano per strada, mi scrivono e io rispondo volentieri perché fa parte del lavoro di un ricercatore. Noi facciamo ricerca per gli altri e per questo dobbiamo essere vicini e spiegare quello che facciamo, perché usiamo soldi pubblici e abbiamo una responsabilità verso tutte le persone. Per questo è importante imparare a comunicare. Lo scopo del Mario Negri è proprio questo, ricercare per curare e migliorare la vita delle persone. E mantenere le relazioni sociali. Non bisogna chiudersi nella propria casa, si devono curare i propri interessi sociali, applicarsi a qualcosa che aiuti la capacità intellettuale. È importante rivolgersi agli altri, dialogare con gli altri».

Silvio Garattini ne è la prova vivente di come invecchiare bene. A 92 anni ha una mente fertile tanto da scrivere ben due libri in pochi mesi (l’altro è sul Servizio Sanitario), una lucidità da giovanotto, al punto da avere appena rinnovato la patente, e una dialettica che ti mette in imbarazzo. E poi tanti interessi tra i quali la sua Atalanta di cui non si perde una partita. «Per quanto riguarda l’alimentazione deve essere varia e moderata» continua. «Bisogna alzarsi da tavola con un po’ di appetito. Uova, pesce, carne variandoli ogni giorno. Accompagnandoli anche da un buon bicchiere di vino se piace. La mia dieta invece consiste in una brioche e caffè alla mattina, una spremuta d’arancia a mezzogiorno e un pasto leggero alla sera. Un’abitudine presa durante la guerra quando i generi alimentari scarseggiavano e c’era la carta annonaria per poter avere un po’ di pane o un po’ di carne. Se mangio di più mi dà fastidio. Importante è anche il sonno, un buon sonno ha una funzione molto importante. Durante il giorno il nostro cervello produce molte scorie di cellule che però non riesce completamente a smaltire. Il sonno invece è importante per ripulire il nostro cervello».

Un altro argomento trattato nel libro riguarda i farmaci anti-aging. «Io li abolirei» dice il Presidente del Mario Negri. «In realtà non ci sono ed è utile saperlo. Ma il vero punto su cui intervenire, per fare della prevenzione una regola è la cultura del Paese. La scarsa formazione scolastica e la povertà non aiutano ad avere buoni stili di vita. La loro realizzazione non è solo un problema medico, è un obiettivo che deve coinvolgere tutta la società e, in primis, la scuola che deve operare con le famiglie per disseminare questo tipo di cultura. Ogni persona, proclamando il diritto alla salute non deve dimenticare il dovere di mantenerla nell’interesse di se stesso e della collettività». E occorre anche un servizio sanitario diverso. Il professor Garattini lo ha scritto senza mezzi termini in un altro suo recente libro “Il futuro della nostra salute. Il Servizio Sanitario Nazionale che dobbiamo sognare” (edizioni San Paolo). «Anche se è stato fondamentale per la lotta alla pandemia, guai se non ci fosse stato, la tragedia del Covid-19 ha rappresentato una scossa che ha evidenziato molte carenze e ha suggerito la necessità di un futuro diverso. Il SSN, che ha 40 anni e ha sostituito il vecchio servizio in cui chi aveva i soldi si poteva curare, ha bisogno di una revisione completa che rappresenta il sogno di tutti i cittadini. Innanzitutto dobbiamo lasciare fuori lo Stato. Le regole dell’amministrazione pubblica e la burocrazia uccidono il servizio sanitario. Quindi per la gestione io immagino una fondazione senza scopo di lucro, un organismo flessibile e dinamico capace di controlli a posteriori delle scelte prese. A gestirlo non devono esserci dirigenti decisi dalla politica, ma soggetti formati a una scuola superiore di sanità che si basi anche e soprattutto sulla prevenzione. Una riforma che potrebbe essere realizzata in cinque anni e che coinvolga la ricerca, che sia indipendente, che non sia legata al mondo dell’industria farmaceutica o che non abbia fini di lucro e che guardi con attenzione alle medicina del territorio. C’è un rapporto da ricostruire tra la medicina del territorio e quella ospedaliera. Non è più pensabile che un medico di famiglia abbia 1.500 pazienti. È necessario creare ambulatori con 6-7 medici, una segreteria, personale infermieristico, uno psicologo e apparecchiature di ultima generazione, operativi tutti i giorni e che sfruttino anche la telemedicina. Solo così ci sarebbe un grande filtro per diminuire l’affollamento ai pronto soccorso. Tutti questi medici devono però diventare dipendenti del SSN come quelli degli ospedali, con stipendi adeguati alle altre Nazioni. Lo so, non è facile, ma io sogno che prima o poi sarà possibile anche la cancellazione delle visite intramoenia fatte a pagamento dai medici ospedalieri e che non bisognerà più aspettare mesi per avere un esame o un ricovero».

E per ridurre i ricoveri anche nella fase più acuta della pandemia da Covid l’Istituto Mario Negri ha messo a punto un protocollo per i medici di famiglia per curare gli ammalati di Covid a casa propria (grazie al professor Fredy Suter, al direttore dell’Istituto il professor Giuseppe Remuzzi e ai ricercatori Norberto Perico e Monica Cortinovis) con farmaci di uso comune come l’Aspirina e altri antinfiammatori. I risultati sono andati oltre ogni aspettativa. Nella prima fase del decorso quando il paziente ha sintomi influenzali come febbre, dolori ossei-muscolari, tosse, cefalea le terapie antivirali o gli anticorpi specifici (monoclonali o da plasma) sono in grado di neutralizzare il virus. In una seconda fase, se si sviluppa un’infiammazione esasperata e incontrollata, il farmaco adatto è il cortisone e, per ridurre il rischio di trombosi, l’eparina.

«Ma il Covid si può sconfiggere con i vaccini» spiega il professor Garattini. «Un beneficio enorme per evitare danni. Dobbiamo vaccinarci tutti. È importante però che le vaccinazioni si facciano in tutto il mondo, altrimenti dovremo combattere con le varianti del virus per anni». 

A cura di Lucio Buonanno