Secondo gli insegnanti della scuola italiana in media 5 studenti per classe mostrano difficoltà nel raggiungere una buona performance in ambito matematico. Si stima quindi che circa il 20% dei bambini e ragazzi in età scolare sperimenti nel corso del proprio percorso di studi difficoltà in questa materia. Basta pensare a quanti studenti della scuola secondaria ricorrono a ripetizioni pomeridiane per riuscire a raggiungere la sufficienza e a quanti adulti continuano a ricordare la matematica come la propria bestia nera e a ritenersi in qualche modo negati per l’ambito numerico. Tuttavia, secondo i dati dell’International Academy for Research in Learning Disabilities (IARLD) solo il 2,5% della popolazione scolastica dovrebbe presentare difficoltà nella cognizione numerica in associazione con altri disturbi e solo per percentuali attorno allo 0,5-1% si potrebbe parlare di disturbo specifico del calcolo e quindi di discalculia evolutiva. Nella maggior parte dei casi, quindi, gli studenti segnalati per difficoltà in matematica non presentano un vero e proprio Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), ma difficoltà di natura più generalizzata. Come ci spiega la dottoressa Laura Dentella, psicologa.

Dottoressa Dentella, da dove deriva questa difficoltà generalizzata nei confronti della matematica?
In primo luogo i risultati in matematica, in misura maggiore rispetto ad altre materie, sono fortemente influenzati da fattori di tipo emotivo-motivazionale quali ansia, timore di sbagliare, percezione di scarsa auto-efficacia (ritenere di poter riuscire in un certo compito). In ambito numerico (pensiamo ad un’operazione o alle tabelline) il risultato è certo ed esatto, pertanto l’errore appare molto evidente e indiscutibile e questo può amplificare l’ansia da prestazione in soggetti predisposti. La percezione di autoefficacia, la fiducia nelle proprie abilità e la percezione di poter migliorare con l’impegno influenzano a loro volta la motivazione e la persistenza. Di conseguenza, sperimentare esperienze di fallimento nei compiti matematici e ritenere che non si è portati per tale materia (percezione che implica scarsa possibilità di miglioramento) può portare lo studente già alla scuola primaria a evitare situazioni e attività anche non scolastiche che prevedono l’utilizzo dei numeri (ad esempio alcuni giochi in scatola o l’utilizzo del denaro). Questo produce un circolo vizioso in cui la perdita di occasioni in cui fare esercizio amplifica ulteriormente le difficoltà e porta al mantenimento di condotte di evitamento. Infine, la matematica è una materia in cui le diverse competenze s’intersecano tra loro: ad esempio, il calcolo è fondamentale anche nella soluzione di problemi mentre la comprensione del significato delle operazioni è implicata nella soluzione di espressioni ed equazioni. Per questo motivo una fragilità non superata nelle abilità di base genera a cascata difficoltà in tutti gli apprendimenti successivi.

Non preoccuparti delle tue difficoltà in matematica: posso assicurarti che le mie sono ancora più grandi

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Come si distingue una difficoltà generalizzata dalla discalculia?
Si tratta di profili che talvolta presentano alcuni elementi in comune e che possono trarre beneficio da interventi simili, ma a livello teorico costituiscono due tipologie di difficoltà del tutto differenti. Le difficoltà generalizzate sono contestuali e possono attenuarsi o addirittura azzerarsi in base a fattori come la didattica, la quantità di esercizio o l’effettuazione di un percorso di potenziamento, mentre la discalculia è un disturbo con caratteristiche più stabili nel tempo. Un bambino o un ragazzo discalculico può manifestare miglioramenti in seguito a un percorso di potenziamento, ma le sue prestazioni resteranno deficitarie rispetto a quanto atteso per la classe frequentata. La discalculia evolutiva è una difficoltà che riguarda la mancanza di automatizzazione delle abilità numeriche di base, come la semantica numerica (identificare la grandezza di un numero), la capacità di leggere e scrivere correttamente i numeri, la capacità di effettuare i calcoli scritti o a mente con sufficiente rapidità e precisione, la memorizzazione dei fatti numerici (tabelline e “amici del dieci”). Per questo motivo le difficoltà dovrebbero manifestarsi già alla scuola primaria. Un apprendimento diventa automatico quando, in seguito a un’adeguata quantità di esercizio, lo studente lo effettua in modo molto rapido e accurato e con sforzo di attenzione minimo. Si pensi alla lettura per un soggetto adulto non dislessico: è un processo talmente automatico che vedendo una scritta siamo quasi obbligati a leggerla senza alcuno sforzo. In bambini e ragazzi con DSA, nonostante l’esercizio, gli apprendimenti di base rimangono non automatizzati e continuano a richiedere sforzo e attenzione per essere eseguiti. Ciò genera una prestazione spesso altalenante: a seconda di variabili quali la stanchezza o la complessità del compito un bambino può essere o meno in grado, ad esempio, di eseguire correttamente un calcolo a mente. Può capitare nei casi più lievi che lo studente riesca a compensare autonomamente le proprie difficoltà fino alla scuola secondaria. Poi però l’aumento del ritmo di presentazione di nuovi argomenti e la necessità di utilizzare le abilità di base in modo combinato per compiti più complessi rendono più evidenti le fatiche.

Come avviene la diagnosi di Discalculia Evolutiva?
La diagnosi di Disturbo Specifico delle Abilità Aritmetiche (Discalculia Evolutiva) rientra nella categoria dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento Scolastico (insieme a dislessia, disortografia, disgrafia) e come tale deve rispondere a determinati requisiti stabiliti dal manuale diagnostico di riferimento (ICD-10). Tali criteri stabiliscono che si possa emettere una diagnosi di DSA solo in presenza di un livello intellettivo nella norma, di un’adeguata esposizione ai contenuti curricolari, di assenza di deficit sensoriali o difficoltà di ordine emotivo. Sarà quindi necessario rivolgersi a uno specialista che si occuperà di verificare la presenza/assenza dei fattori di esclusione precedentemente citati ed effettuerà una valutazione, attraverso specifici test, del livello cognitivo, di eventuali altri fattori neuropsicologici (quali la memoria o le abilità visuo-percettive) e del livello degli apprendimenti scolastici (in matematica ma anche in lettura e scrittura in quanto la discalculia si presenta frequentemente in associazione con dislessia e disortografia).

A cura di  Viola Compostella
con la collaborazione della Dott.ssa Laura Dentella
Psicologa
Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo