L’impegno per l’accesso al cibo per tutti e la tutela della sua sicurezza.
Un evento sconosciuto e imprevisto ha travolto la città e la provincia di Bergamo e poi, in maniera diversa, il resto del Paese. La nostra attenzione si è concentrata - com’è naturale che fosse - sugli eventi drammatici di questo periodo, ma ce ne sono anche altri ben conosciuti e forse dimenticati. Tra questi i più evidenti sono due: il cibo come priorità assoluta e l’accesso al cibo che deve essere possibile per tutti.

Le immagini che abbiamo visto testimoniano queste evidenze: le lunghe file all’ingresso dei supermercati, ma anche i volti dei volontari che si sono prodigati ogni giorno per portare cibo ad anziani, disabili, indigenti e famiglie in difficoltà. Pure la burocrazia si è “sciolta” di fronte alla necessità urgente di garantire prodotti alimentari a chi non poteva accedervi. A causa del lockdown si è riscoperto il piacere e il gusto di mangiare con i familiari; le famiglie italiane sono state più attente a non sprecare cibo, hanno ottimizzato il modo di fare la spesa e hanno utilizzato meglio il cibo acquistato.

Questo contesto ha inciso molto anche sulla filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, una filiera lunga e complessa che ha visto settori che hanno segnato risultati positivi, come la produzione e trasformazione, e altri che hanno subito un vero e proprio tracollo, come la ristorazione. Lo stop della ristorazione ha causato tonnellate di eccedenze in questi segmenti e il tracollo del settore sarebbe stato una disfatta se non si fosse pensato a recuperare quanto stoccato nei magazzini e pronto per essere utilizzato. Ma utilizzato per chi e come? Recenti analisi di Caritas Italiana e Banco Alimentare segnalano un aumento significativo, fino al 40% (60%, in alcune regioni), delle richieste di beni di prima necessità, di aiuto alimentare da parte dei cittadini, cibo e pasti a domicilio, empori solidali, mense. Contestualmente il lockdown ha comportato la chiusura temporanea o la riduzione del servizio di alcune strutture caritative a causa delle restrizioni imposte e per la difficoltà di rispettare le misure di distanziamento.

Pur in presenza di queste limitazioni, le reti di solidarietà, anche attraverso il recupero delle eccedenze alimentari generatesi in alcuni settori della filiera agroalimentare, hanno permesso di raggiungere il 40% in più di persone da marzo ad oggi, passando da circa 1.500.000 persone a 2.150.000 (dati “Banco Alimentare Italiano”). E così, fin dai primi giorni della crisi, molte aziende della filiera agroalimentare hanno contattato le reti delle associazioni del volontariato per salvare cibo buono e sicuro. Pur in mezzo a molte difficoltà le reti già organizzate sul territorio, da metà marzo a oggi, hanno fatto arrivare più di cento tonnellate di cibo fresco a chi aveva poco o nulla da mettere in tavola.

«Tutta questa attività doveva essere fatta nel rispetto delle procedure di sicurezza alimentare, perché questo cibo arrivasse sano e sicuro», sottolinea il dottor Antonio Sorice, Direttore del Dipartimento Veterinario. «E questo è stato possibile attraverso le collaborazioni con le Caritas, con le Associazioni del terzo settore del territorio, con i Comuni, con le imprese e con le istituzioni. Il rispetto delle procedure è garantito anche dal sistema dei controlli effettuati senza sosta dai Veterinari e dai Tecnici della Prevenzione di ATS, controlli e ispezioni che non si sono interrotti nemmeno durante il lockdown perché considerati indifferibili affinché proseguisse la possibilità, per le aziende della filiera, di commercializzare i loro prodotti e per garantire che il cibo arrivasse sano e sicuro sulle tavole delle famiglie».

Controlli garantiti dall’impegno delle imprese e dalla fattiva collaborazione con il Dipartimento Veterinario e il Dipartimento Igiene e Sanità Pubblica dell’ATS, collaborazione grazie alla quale anche per il cibo in eccedenza, destinato attraverso le associazioni del volontariato alle persone in difficoltà, è stata tutelata la sicurezza alimentare.

«In questo contesto andrà ripreso e rilanciato, anche con nuovi strumenti e nuove iniziative ad oggi sconosciuti, l’accordo di collaborazione tra l’Assessorato alle Politiche Sociali di Regione Lombardia, Banco Alimentare, Comuni della Provincia e ATS Bergamo firmato il 5 febbraio scorso, in occasione della Giornata mondiale contro lo spreco alimentare, un accordo di collaborazione che ha l’intento di creare una rete di partnership sul territorio finalizzata al recupero delle eccedenze ed a raggiungere le persone più in difficoltà, assicurando l’accesso al cibo e la sicurezza alimentare» conclude il dottor Sorice.

a cura DI ATS BERGAMO