I consigli per vivere serenamente questo momento emozionante ma delicato.
L’adozione è un momento - o meglio un processo - molto delicato nella vita di una coppia. È la creazione di legami affettivi e mentali che hanno caratteristiche particolari. E spesso non è esente da difficoltà, nonostante il desiderio di creare una famiglia e di amare il figlio adottivo esattamente come un figlio naturale. Ecco allora i consigli della dottoressa Emanuela Zini, psicologa e psicoterapeuta, per far sì che questo passaggio da coppia a famiglia avvenga nel modo più sereno e soddisfacente possibile sia per i genitori sia per il figlio.

I traumi vissuti dal figlio adottato possono essere arginati, ma lasciano comunque delle tracce nella psiche, non per forza, sempre distruttive. In ogni caso, i genitori adottivi devono essere accompagnati a rimodularsi a ogni fase evolutiva, per essere di sostegno e aiuto al figlio.
Marie Rose Moro psicoanalista e psichiatra

Dottoressa Zini, il rapporto con un figlio adottivo può davvero essere uguale a quello che si instaura con un figlio naturale?
Esattamente no. Le modalità affettivo e relazionali di un genitore adottivo sono differenti rispetto a quelle verso un figlio biologico, anche se si sente affermare il contrario. Differente, perché come afferma Arrigoni (2002) il figlio adottivo non è generato dalla famiglia ed è uno straniero, non inteso come nato in un altro Paese, ma perché “viene da fuori” rispetto al nucleo familiare esistente. Il bambino e poi l’adolescente adottivo deve costruire quindi il proprio Sé, il proprio senso di identità, i propri oggetti interni attraverso un lavoro più complesso di quello di un figlio naturale. Uno dei lavori più duri a livello psichico, in particolare, è dare un volto ai genitori integrando le rappresentazioni delle immagini dei genitori adottivi con quelle dei genitori naturali, anche se spesso fantasmatiche (perché il bambino adottato non sempre conosce l’identità dei genitori biologici). È complicato questo processo perché bisogna riconoscersi come “appartenenti a qualcosa; qualcuno da cui si ha avuto origine”.

I bambini adottati sono depositari almeno di due frammenti di storia che devono conciliare: la vita prima e dopo l’adozione. Gli adulti devono necessariamente tenere conto di questo elemento e armonizzarlo con il loro desiderio di essere genitori nonostante i cambiamenti, gli ostacoli e le difficoltà stesse legate all’adozione

Quali consigli dare quindi ai genitori che stanno per adottare un figlio?
Bisogna tenere in considerazione la presenza seppur fantasmatica dei genitori naturali. infatti quando si accoglie un bambino in casa ci si deve far carico anche del suo passato, dei traumi subiti, del lutto dell’abbandono subito, a volte anche dell’abuso. Questi vissuti intaccano molte aree di vita del bambino adottato, come per esempio: la regolazione emotiva, l’area relazionale, l’adattamento sociale, a volte, anche l’apprendimento. Alcuni disturbi possono anche trasformarsi in vere patologie come il disturbo della condotta, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Nonostante l’adozione, a volte, avvenga nel primo anno di vita, la letteratura riporta che i figli adottati possono, comunque, sviluppare maggiori problematiche rispetto ai figli naturali, non traumatizzati o comunque che crescono in ambiti sani e adeguati (Palacios e al 2005). Gli atteggiamenti tipici dei bambini possono essere: ritiro, bugie, comportamenti provocatori e sfidanti. Sempre dalla letteratura, però, si evince, in effetti, che le problematiche psicologiche e comportamentali si possono ridurre, dopo un periodo di inserimento del bambino nella famiglia adottiva (Dellagiulia, Lionetti e Barone, 2012). È fondamentale, quindi, che i genitori che intendono attivare un’adozione, siano adeguatamente informati e preparati ad accogliere un bambino, ricordando sempre che il trauma condiziona la sua vita. Ecco quindi alcuni suggerimenti.
> Comprendere che i comportamenti problematici (oppositivo-provocatori) sono consequenziali all’interpretazione che il bambino fornisce rispetto ai comportamenti altrui. Le esperienze negative passate con la famiglia di origine hanno creato nel bambino l’idea di un’immagine di se stesso fortemente negativa, quindi fa tanta fatica a fidarsi delle persone.
> Mettere in atto uno stile educativo equilibrato tra sostegno e conforto, ma anche regole: il bambino adottivo, seppur provocatorio, necessita di limiti costanti e di conseguenza anche rassicuranti.
> Aiutare il bambino a conoscere e distinguere le emozioni.
> Creare insieme al bambino un album che lo possa aiutare a narrare la sua storia (informazioni sulle sue radici, se si conoscono alcuni ricordi positivi con la famiglia biologica, l’incontro con la famiglia adottiva).

E se dovessero emergere criticità? Come affrontarle?
Nella fase post adottiva, qualora si presentassero maggiori criticità, è utile ricorrere a diversi possibili interventi. Uno di questi potrebbe essere un sostegno psicologico ed educativo ai genitori, per essere sostenuti a comprendere e rispondere ai comportamenti e ai bisogni del figlio. A volte è necessario attivare un sostegno psicologico direttamente al bambino, con l’intento di aiutarlo a capire ed esprimere i propri vissuti e bisogni e a costruire una capacità riflessiva per dare un senso alla sua storia personale, spesso negata o evitata, perché troppo dolorosa.

A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione della dott.ssa Emanuela Zini
Psicologa e Psicoterapeuta presso Studio di psicologia Ambivere