Per circa 5 milioni di italiani è una vera e propria passione attraverso la quale esprimere se stessi, emozioni o desideri, suggellare amori, lasciare segni indelebili di momenti importanti e così via. Parliamo dei tatuaggi, disegni e scritte indelebili (o quasi) sulla pelle. Ma cosa si nasconde davvero dietro questo desiderio di decorare e imprimere “messaggi” sul proprio corpo? Si tratta solo di una moda o ha radici, anche psicologiche, più profonde? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Emanuela Zini, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Zini, da dove viene la passione per i tatuaggi? Perché piacciono così tanto?
Il termine Tatoo deriva dal polinesiano “tautau”, onomatopea che ricordava il rumore del picchiettare del legno sull’ago per bucare la pelle. I tatuaggi sono una pratica che modifica il corpo umano, è antichissima, infatti, già gli uomini nelle caverne la utilizzavano e nel corso del tempo si è evoluta e modificata. È diffusa in tutto il mondo, a prescindere da etnie, sesso o cultura. Oggi giorno le persone tatuate sono tantissime, gli studi recenti (2016 analisi della Commissione Europea) stimano che le persone europee tatuate si aggirino sui 60 milioni.

Come mai il tatuaggio si è così tanto diffuso?
Il tatuaggio è una storia incisa e raccontata sulla pelle, la quale separa ciò che è dentro di noi (la nostra storia, le nostre esperienze, ciò che pensiamo, chi siamo) dal mondo esterno; vivendo ormai in una società che esalta l’individualismo ma nello stesso tempo spinge verso l’omologazione, il corpo rimane il luogo per eccellenza del processo di individuazione e questo potrebbe spiegare il motivo della diffusione di questa pratica tanto antica. Le ragioni psicologiche sottostanti alla scelta del farsi tatuare possono essere varie: cambiamenti, amori finiti, lutti, nascita di un figlio, memorie, persone care. Quindi il significato può essere spirituale, politico, religioso, trasgressivo, identitario o anche semplicemente decorativo. Il tatuaggio dà voce a una storia personale, senza l’uso della parola, è messaggero di qualcosa di personale e intimo che viene condiviso con la società. Siamo in una epoca dove le immagini e la vista prevalgono sugli altri sensi, perciò decorare il proprio corpo con un disegno potrebbe rappresentare una comunicazione non verbale. Anche la scelta del disegno, la zona del corpo, la grandezza, il mostrarlo o nasconderlo, hanno dei significati psicologici secondo la psicologia del tatuaggio. Ad esempio tatuarsi la parte sinistra del corpo (per la psicoanalisi la parte sinistra rappresenta il passato) è tipico delle persone poco positive, sfiduciate, ancorate a situazioni vecchie di cui non ci si riesce a liberare, mentre tatuarsi la parte destra del corpo è legato al futuro, al cambiamento, alla visione positiva. Tatuarsi le braccia indica che la persona sta attraversando una fase di maturazione, mentre farlo sul tronco denota un bisogno di concretezza.

Secondo alcuni però sarebbe una moda poco salutare e soprattutto segno di un atteggiamento patologico… 
Tatuarsi non per forza rientra in una forma patologica, a meno che le modificazioni del corpo (tatuaggio, piercing etc.) non siano eccessive. In una situazione come questa non c’è solo una passione per il tatuaggio, ma potrebbe essere presente una considerazione distorta della propria immagine e una tendenza a vedere nel tatuaggio la risoluzione (come spesso accade con la chirurgia estetica) per modificare parti del corpo che non sono accettabili. Quando, quindi, la modificazione del corpo è sentita come necessaria e pressante si può pensare che ci sia un reale disturbo dell’immagine corporea, la cui forma estrema è il disturbo di dismorfismo corporeo.

Parlando del corpo non si può non aprire una parentesi sull’adolescenza, periodo della pubertà dove i cambiamenti corporali sono centrali. In una fase di crescita e sperimentazione, in cui i ragazzi sono alla continua ricerca di identità, il corpo diventa un potente mezzo di comunicazione.

Cosa spinge un adolescente a fare un tatuaggio?
Come descritto sopra per gli stessi motivi di identificazione, appartenenza ad un gruppo, espressione, ma anche come ribellione verso il mondo degli adulti. Oggi giorno la tendenza più diffusa tra gli adolescenti è di dare una dimensione fisica alla sofferenza mentale: il corpo dà voce al proprio malessere. Secondo la psicologa Silvia Vigetti Finzi, infatti sono aumentati, ormai, i disturbi che fanno del corpo il bersaglio privilegiato. L’automutilazione o cutting (tagliare) si sta diffondendo in modo parallelo alla cultura dei tatuaggi, piercing o altre body art. Secondo lo psichiatra americano Favazza, la ferita di alcune pratiche sul corpo ha un valore catartico: diventa un atto liberatorio e di purificazione, che ridà la certezza di essere vivo e di esistere. Mentre la psicoanalista Alessandra Lemma scrive: “nel tatuaggio non c’entra la bellezza quanto il bisogno di ricreare il proprio corpo. E nei casi estremi, parlo di chi si ricopre di segni dalla testa ai piedi, può rivelare esperienze traumatiche di diverso tipo. È un modo per reinventare se stessi, cacciare l’antica intrusione e riappropriarsi di ciò che è stato rubato”.

Le motivazioni psicologiche
> Ricerca della propria identità: può rappresentare simbolicamente un riconoscimento identitario.
> Comunicazione: spesso ci si tatua per comunicare, agli altri, delle parti di se’. Se il tatuaggio è visibile la persona gli dà una dimensione pubblica. Se nascosto, invece, rappresenta qualcosa di intimo e privato.
> Cambiamento: spesso vengono fatti dopo o durante periodi particolari della vita, per esempio un lutto o un periodo faticoso/doloroso della vita o anche felice come diventare genitori. Il tatuaggio è come se rappresentasse un rito di passaggio dal prima al dopo.
> Appartenenza: appartenere a un gruppo. Con il tatuaggio ci distinguiamo dagli altri, ricerchiamo la nostra individualità ma nello stesso tempo ribadiamo anche l’appartenenza a un gruppo.

“Come ferite
Che non nascondo
Storie di andate
Senza ritorno
Storie tatuate
Di amore e lividi
Di amore e lividi

E cicatrici sopra allo specchio
Divento bianco ma non invecchio
Storie tatuate in fondo all’anima
In fondo all’anima”

“Scritto sulla pelle”
Negrita


A cura di Elena Buonanno
Con la collaborazione della dott.ssa Emanuela Zini
Psicologa e Psicoterapeuta Studio di Psicologia Ambivere