Sono oltre mezzo milione gli italiani over65 (quattro su 100) che soffrono di aritmia, una condizione nella quale viene a mancare la normale frequenza o la regolarità del ritmo cardiaco. Si tratta di un numero in costante aumento complice il progressivo incremento dell’aspettativa di vita e con essa della prevalenza di malattie croniche. Molte aritmie sono assolutamente benigne e non comportano conseguenze serie. Esistono però casi gravi - ad esempio persone che hanno avuto un infarto o sono affette da scompenso cardiaco o fibrillazione atriale - in cui l’aritmia può provocare un arresto cardiaco e quindi la morte. L’identificazione precoce di queste patologie può prevenire l’insorgenza di situazioni critiche e le conseguenti ospedalizzazioni. In questo senso oggi il telemonitoraggio rappresenta un vero e proprio strumento di cura per i pazienti con problemi di aritmie, e in generale per il paziente cardiopatico, poiché grazie a un’osservazione continua permette una pronta reazione terapeutica.

Quando il cuore batte troppo veloce o troppo lento
Un’aritmia è un’anomalia nella frequenza o nel ritmo del battito cardiaco, in cui il cuore può battere troppo veloce (tachicardia con battito superiore ai 100 battiti al minuto); troppo lento (bradicardia con battito inferiore ai 60 battiti al minuto) o con un ritmo irregolare. Tutte le persone sperimentano alcune forme di aritmia nella loro vita, ma nelle forme più gravi questo disturbo riguarda per lo più persone ad alto rischio e anziane, che hanno avuto un infarto o che sono affette da patologie gravi come lo scompenso cardiaco; tuttavia anche i più giovani possono essere colpiti da questo disturbo. Parliamo di numeri molto alti, basti pensare che ogni anno in Italia si registrano circa 40.000 casi di arresto cardiaco che possono portare alla morte improvvisa del paziente che, a sua volta, rappresenta la causa del 40% delle morti cardiovascolari e il 10% di tutte le cause di morte. Ci sono poi situazioni particolari come per esempio nel caso degli sportivi. Diversi studi hanno infatti dimostrato che, in presenza di certe patologie predisponenti (ad esempio la cardiomiopatia ipertrofica e la cardiomiopatia aritmogena), l’incidenza di morte improvvisa è più alta in questa categoria rispetto ai sedentari perché lo sforzo massimale prolungato e l’attivazione del sistema nervoso simpatico possono agire da trigger (elemento scatenante) dell’aritmia e scatenare l’evento fatale, cosa meno probabile nei sedentari.

I segnali d’allarme
Per quanto riguarda i pazienti anziani con una cardiopatia nota (pregresso infarto e scompenso cardiaco), è importante fare una valutazione clinica generale che permetta di misurare il livello di rischio e intervenire con i dispositivi tecnologici che oggi abbiamo a disposizione. Nei giovani invece è necessario attivare dei programmi di screening ad hoc soprattutto per identificare quei soggetti che hanno malattie genetiche che predispongono alla morte improvvisa, come quella che avviene tra gli sportivi durante le attività agonistiche, oppure quei giovani che presentano sintomi importanti come un’improvvisa caduta a terra dovuta a una transitoria perdita di coscienza, la sincope, che in genere si risolve entro pochi minuti. Un paziente che ha una sincope deve essere studiato attentamente per valutare se si tratta di una forma benigna, situazionale, motivazionale o se invece nasconde un profilo di rischio più importante.

35% di casi in meno grazie a diagnosi precoce e progressi della terapia
Per combattere efficacemente i disturbi del ritmo cardiaco è importante una tempestiva diagnosi che ognuno può fare anche da solo, misurando il proprio battito cardiaco al polso. Quando il battito è irregolare è il caso di rivolgersi al proprio medico e, per i dovuti approfondimenti, all’aritmologo, figura principale di riferimento. Il trattamento delle aritmie cardiache è oggi possibile con ottime probabilità di successo utilizzando terapie ampiamente consolidate, sia farmacologiche sia attraverso dispositivi come l’impianto di pacemaker (dispositivo capace di stimolare elettricamente la contrazione del cuore regolarizzandone il battito) o di defibrillatore (dispositivo in grado di rilevare il battito cardiaco irregolare o pericoloso ed erogare uno shock salvavita per riportare il ritmo alla normalità) o l’ablazione con catetere (intervento con il quale vengono “bruciate” piccole porzioni di cuore responsabili di aritmie). I progressi della terapia farmacologica, i defibrillatori esterni e i defibrillatori impiantabili hanno ridotto l’incidenza di aritmie di circa il 35% negli ultimi 15 anni.

I vantaggi del telemonitoraggio, non sono solo sanitari, ma anche psicologici
Il telemonitoraggio rappresenta uno standard di controllo per i pazienti con dispositivo cardiaco impiantabile come pacemaker o defibrillatori, ma più in generale per il paziente cardiopatico. La telemedicina è l’insieme di tecniche mediche e informatiche che permettono la cura del paziente a distanza. Si tratta di un presidio diagnostico che sta diventando sempre di più uno strumento di cura e che, attraverso un monitoraggio continuo dei pazienti, permette un riconoscimento precoce di gravi patologie come la fibrillazione atriale o lo scompenso cardiaco. Grazie alla telecardiologia abbiamo la possibilità di richiamare i pazienti in caso di necessità, intervenire tempestivamente e prevenire situazioni critiche. La telemedicina riduce fino al 50% la mortalità, del 39% le ospedalizzazioni, del 50% il numero di visite in ospedale, del 60% i costi sanitari, eppure non è ancora né codificata né rimborsata dal Sistema sanitario nazionale.

Le aritmie cardiache sono una delle cause più frequenti di accesso al Pronto Soccorso o di ricovero in cardiologia (circa il 13% dei ricoveri)

a cura del dottor Renato Pietro Ricci
Presidente AIAC - Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione