Sarà capitato a molti di pensare che un fastidioso mal di testa o un senso di gonfiore o pesantezza allo stomaco potessero essere legati a "qualcosa che si era mangiato". Sì, ma cosa di preciso? E, soprattutto, siamo certi che sia così? «In effetti sono molti i disturbi che possono essere legati al semplice consumo di cibi mal tollerati, pur a nostra insaputa, dal nostro organismo» dice il dottor Andrea Cazzaniga, direttore delle Terme di Trescore. «Spesso, però, può risultare difficile capire quali siano esattamente questi cibi (o, più frequentemente, i loro ingredienti!), dato che i sintomi possono comparire anche a distanza di 48-72 ore dalla loro ingestione». Come esserne sicuri allora? Con l'aiuto delle scienze biologiche i cui riscontri insegnano che le intolleranze su base alimentare provocano la produzione di anticorpi (IgG) finalizzati proprio a eliminare le proteine riconosciute dall'organismo come "nemiche".

E' per questo che l'unico test a oggi approvato dalla Comunità Scientifica Internazionale risulta essere il Food Intolerance Test (FIT), basato sulla sola metodica diagnostica standardizzata, riproducibile e validata, la metodica americana ELISA che misura il "dosaggio" delle IgG. In particolare, uno studio pubblicato nel 2009 sul "Journal of Immunoassay and Immunochemistry" e basato proprio sul FIT mostra indiscutibilmente non solo che le principali forme di reazione avversa ai cibi si sviluppano nei confronti di lieviti, frumento, latticini e uova, ma pure che alcune intolleranze sono correlabili all'età (ad esempio albume e latte vaccino) e altre no (ad esempio lieviti). Proposto anche dalle Terme di Trescore in collaborazione con un laboratorio specializzato, il F.I.T. si differenzia quindi dagli altri test sotto diversi punti di vista. «Innanzitutto valuta la reazione delle IgG (immunoglobuline di tipo B) a contatto con gli allergeni alimentari» continua Cazzaniga. «Inoltre indica l'eventuale intolleranza o scarsa tolleranza (espressa in percentuale) verificata su un campione di ben 184 alimenti e offre un grado di ripetibilità superiore al 90%». Il paziente, dopo essersi sottoposto a un normale prelievo di sangue (da effettuarsi non a digiuno), entro i successivi 10/15 giorni potrà ritirare il risultato ed eventualmente valutarlo con il medico per verificare se vi siano particolari attenzioni da adottare in ambito alimentare. È assolutamente importante, infatti, che sia sempre un medico a fornire eventuali consigli conseguenti al risultato dell'esame, posto che l'eliminazione dell'alimento "incriminato" potrebbe rendere necessaria la sostituzione (con altri alimenti o con integratori) di specifici apporti all'organismo.

Allergia o intolleranza: non sono la stessa cosa
Spesso allergia e intolleranza sono considerati come sinonimi, ma sono profondamente diverse. Vediamo perché. «Nel primo caso si verifica una vera e propria reazione immunitaria nei confronti di un cibo, percepito dall'organismo come un "allergene": elemento estraneo e, quindi, possibile fonte di danno» spiega il dottor Cazzaniga. Ecco che compaiono una serie di sintomi, a volte anche molto intensi, che seguono di pochi minuti l'assunzione della sostanza "incriminata". «In caso di intolleranza alimentare, invece, il sistema immunitario non viene coinvolto: il corpo, in conseguenza all'assunzione ricorrente di un determinato alimento, non riesce più a digerirlo correttamente e si scatena una reazione "tossica" nell'organismo che può comparire anche a distanza di svariate ore dall'assunzione dell'alimento. È comunque consigliabile affidarsi a una metodologia diagnostica che abbia basi scientifiche e riconosciute per individuare con esattezza gli alimenti verso i quali siamo intolleranti».

La "cura" in caso di positività del test
I cibi che vengono più spesso individuati come causa di intolleranze sono il lattosio, i lieviti, le solanacee, la carne suina, i crostacei e il frumento. «La dieta prevede l'esclusione totale di questi alimenti per alcune settimane impostando, sotto controllo medico, un corretto ed equilibrato regime alimentare per favorire al meglio i processi digestivi e disintossicare l'apparato digerente. Se opportuno, si può anche ricorrere a una terapia mirata a ridurre la disbiosi intestinale, cioè l'alterazione della flora batterica che è spesso una delle cause scatenanti dei sintomi da intolleranza alimentare. In seguito gli alimenti causa di intolleranza possono essere poi reintrodotti controllandone frequenza e modalità di assunzione» conclude il direttore.

a cura di GIULIA SAMMARCO
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