Come dice Buytendijk, medico antropologo, "Il dolore passa... l'aver sofferto mai". Facendo propria quest'affermazione gli infermieri hanno sviluppato competenze e professionalità per poter alleviare il dolore, rafforzando così un approccio assistenziale alla persona che si basa sul concetto di una "malattia senza dolore". Il Codice Deontologico dell'Infermiere all'art. 34 recita "L'Infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l'assistito riceva tutti i trattamenti necessari". L'infermiere, quindi, ha sia la competenza nella prevenzione e valutazione del dolore, sia il compito di coinvolgere altri professionisti per la cura del dolore. Il dolore è natura e cultura, è sofferenza dell'uomo, è la sua percezione e i suoi tentativi di superarlo, è la sua interpretazione scientifica, artistica, fisiologica e religiosa. Sin dall'antichità si può parlare di un concetto di dolore. Nei primi secoli della storia, il dolore s'identifica con il "Malum", con la punizione, affidando a credenze e religioni la comprensione dei meccanismi del dolore e trovare rimedio. Occorreranno millenni perché il dolore possa acquisire la differenza fra il naturale stato di salute e quello, viceversa patologico, di malattia. Il dolore è un'esperienza soggettiva, che non può essere facilmente definita: ogni persona ha una propria esperienza dolorosa legata alla propria individualità, cultura, al suo vissuto e alla sua storia. Partendo da questi presupposti, Margo McCaffery, ostetrica inglese e pioniere nel campo della gestione assistenziale del dolore, lo definisce "ciò che il malato afferma che sia, reale o immaginario e per quanto insignificante possa sembrare all'osservatore esterno, il malato non ha dubbi della sua esistenza e importanza". Il ventunesimo secolo è caratterizzato da un tumultuoso sviluppo delle scienze medico-biologiche che ha permesso di identificare e curare patologie gravi e rare e la letteratura richiama l'attenzione degli operatori sanitari, sottolineando l'importanza e la necessità di valutare e gestire adeguatamente il dolore. Il ruolo dell'infermiere è stato, recentemente, riconosciuto dall'articolo 5 comma 2 della Legge 38/2010 come una figura professionale competente ed essenziale nel campo della terapia del dolore e delle cure palliative. Accompagna infatti la persona assistita nelle diverse fasi della vita, accompagna il cittadino dalla nascita, durante il percorso della vita sino alla morte. Un ulteriore elemento che mostra l'importanza del concetto della "malattia senza dolore", per la professione infermieristica, è quanto inserito nel patto infermiere-cittadino: "Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a starti vicino quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano, mi impegno ad ascoltarti con attenzione e disponibilità quando hai bisogno". Proprio per la costante vicinanza al cittadino, l'infermiere dedica buona parte dell'assistenza alla relazione con il paziente e spesso si instaura un rapporto empatico; questo è un elemento imprescindibile per ad-sistere (dal latino ad = appresso e sistere = fermarsi) e rende possibile un'accurata valutazione del dolore. L'infermiere attraverso la comunicazione, favorisce una relazione "trasparente" in cui il malato possa esprimere serenamente il dolore e sofferenza. Essendo il dolore un sintomo soggettivo, infatti, l'infermiere deve saper ascoltare il paziente. Saper instaurare una relazione d'aiuto è importante per l'infermiere: la comunicazione diventa uno degli elementi principali di un approccio ampio alla cura del paziente visto come "protagonista" del suo dolore e delle malattie che lo accompagnano. Possiamo affermare che il paziente riveste "nel suo dolore" una doppia veste, quella di paziente affetto da sindrome dolorosa e quella di primo collaboratore, essenziale per una giusta gestione del dolore. Spesso la persona assistita è convinta che un certo grado di sofferenza debba far parte del suo iter terapeutico e subisce la realtà. L'infermiere innanzitutto deve riuscire a far cambiare le convinzioni del malato al fine di poter dare sollievo al suo dolore. Gli aspetti fondamentali nella gestione del dolore sono la sua valutazione e l'identificazione delle cause e degli interventi più appropriati, pertanto è fondamentale la collaborazione multidisciplinare in particolare con il medico, per trovare il trattamento più idoneo alla sua cura. Nell'ultimo ventennio, normative nazionali e regionali, oltre che numerose iniziative delle aziende sanitarie, hanno sensibilizzato i professionisti sanitari ad adottare una documentazione in grado di rilevare e di valutare il dolore della persona assistita. Nella cartella clinica trova collocazione la valutazione del dolore e l'avvio del trattamento antalgico, frutto del percorso di integrazione fra le richieste del malato, il giudizio clinico e il contesto assistenziale. In conclusione, bisogna pensare che la gestione del dolore durante la malattia diventi parte strutturale della presa in carico e parte dei principali esiti (outcome) dell'assistenza sanitaria e l'infermiere è impegnato a evitare che vi siano ritardi nell'applicazione di questo diritto.

Beatrice Mazzoleni
Presidente Collegio IPASVI di Bergamo e membro Comitato Etico di Bergamo Salute
Marco Ghidini
Consigliere Collegio IPASVI di Bergamo