L’83% della popolazione europea sopra i quarant’anni presenta l’alterazione di almeno uno dei fattori che possono portare allo sviluppo della sindrome metabolica, ovvero livelli di colesterolo, trigliceridi e zucchero nel sangue e circonferenza addominale. «Questa problematica è sempre più diffusa nei Paesi sviluppati e sta aumentando anche tra bambini e adolescenti» aggiunge la dottoressa Beatrice Granata, farmacista.

Come si può definire la sindrome metabolica?

Con il termine “sindrome metabolica” non si indica una singola patologia, ma un insieme di malattie e/o fattori predisponenti di origine mista. Tra questi si possono includere sovrappeso e/o obesità, fattori genetici, insulinoresistenza e diabete mellito di tipo 2, infiammazione sistemica, sedentarietà, ipernutrizione ed età avanzata. Un ruolo importante è giocato anche dall’ambiente: la contaminazione di cibo, acqua e atmosfera dovuta all’industrializzazione dell’agricoltura e all’utilizzo di pesticidi può infatti determinare modifiche del microbiota intestinale e alterazioni ormonali e metaboliche.

Quasi tutti abbiamo almeno un valore alterato quando ci sottoponiamo agli esami del sangue: significa che siamo tutti a rischio di sviluppare la sindrome metabolica?

Per diagnosticare la sindrome metabolica è necessaria la contemporanea presenza di tre o più dei seguenti parametri:
> obesità addominale (circonferenza vita: uomini superiore a 94 cm e donne superiore a 80 cm);
> ipertrigliceridemia (trigliceridi nel sangue superiori a 150 mg/dl);
> colesterolo HDL basso (uomini inferiore a 40 mg/dl, donne inferiore a 50 mg/dl);
> ipertensione arteriosa (sistolica superiore a 130 mmHg e diastolica superiore a 85 mmHg);
> iperglicemia (zuccheri nel sangue a digiuno maggiori di 100 mg/dl).

Non è detto che l’alterazione di questi parametri si verifichi contemporaneamente: di solito, infatti, si parte da un singolo parametro alterato e, se non si interviene in tempo con la modifica dello stile di vita o con una terapia, seguono a cascata tutti gli altri. Ecco perché è importante riconoscere il rischio di sindrome metabolica anche in presenza della modifica di un solo parametro: in tale modo si potrà evitare l’insorgenza di altre patologie dannose per l’organismo, come apnee notturne, infiammazione sistemica, ovaio policistico, ipogonadismo ed artrosi, ma anche sintomi mentali, come difficoltà di attenzione.

Ha accennato alla modifica dello stile di vita…

Esatto. È infatti possibile prevenire la sindrome metabolica attraverso l’adozione di uno stile di vita sano, una dieta varia ed equilibrata e facendo attività fisica.

L’esercizio fisico regolare, anche moderato, mantiene costante la glicemia, riduce l’insulinoresistenza e i livelli di trigliceridi, aumenta i valori del colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”) abbassando quelli del colesterolo LDL (“cattivo”), previene l’ipertensione, favorisce la perdita di peso e la riduzione del grasso corporeo, soprattutto quello addominale. I benefici aumentano ancora di più se all’esercizio fisico si associa una modifica delle abitudini alimentari, volta a diminuire l’assunzione di zuccheri, grassi, sodio e colesterolo.

E se, nonostante la buona volontà, non si ottengono i risultati sperati?

Qualora queste misure non dovessero essere sufficienti, il medico potrebbe prescrivere una terapia farmacologica per tenere sotto controllo l’ipertensione, abbassare il colesterolo e i trigliceridi o ridurre la glicemia. Per fare questo, però, si può andare incontro all’assunzione di più farmaci contemporaneamente. Spetta al medico scegliere il principio attivo e la posologia più indicati per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del paziente e alla sua risposta alla cura. Numerosi studi hanno evidenziato che prima di arrivare a una politerapia è possibile inserire nella dieta particolari complessi di fibre solubili e insolubili che aiutano a riequilibrare specifici fattori, come colesterolo, trigliceridi e glicemia.

Di quali complessi si tratta in particolare?

Esistono diversi integratori disponibili, trai quali spiccano quelli a base di:
> Gymnema.
Pianta originaria dell’India e dei Paesi dell’Africa Centrale con attività ipoglicemizzante attraverso differenti meccanismi d’azione;
> L-Carnosina.
Piccola proteina che vanta una potente azione antiossidante, rallentando l’invecchiamento delle cellule e proteggendo da malattie cardiovascolari, ischemia e infarto;
> Oleuropeina.
Polifenolo contenuto nelle foglie e nei frutti dell’Olea europea (olivo) con attività cardioprotettive, neuroprotettive, antinfiammatorie, antiossidanti e anti-tumorali;
> Coenzima Q10.
Enzima coinvolto nella produzione e nella gestione dell’energia. Ha un’importante azione antiossidante e per questo viene utilizzato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, dell’ipertensione, delle patologie neurodegenerative e dell’invecchiamento cellulare;
> Cannella.
Spezia costituita dalla corteccia essiccata di alcuni alberi appartenenti alla famiglia delle Lauraceae, tra cui Cinnamomum zeylanicum (cannella propriamente detta) e Cinnamomum cassia (cannella cinese). Ha attività antibatterica, antisettica e digestiva, ma anche antipertensiva e ipoglicemizzante;
> Gelso bianco.
È un albero originario della Cina orientale, le cui foglie, radici e frutti sono ampiamente utilizzati nella medicina tradizionale cinese. Il fitocomplesso delle foglie di gelso ha un’interessante attività ipoglicemizzante.
La prevenzione e il trattamento di questa sindrome quindi richiedono un approccio “integrato”...

Esatto. In questo caso l’approccio sistemico è fondamentale perché consente di valutare tutti i principali fattori che possono portare alla sindrome metabolica e intervenire in modo efficace a livello sistemico, immunitario e metabolico. 

A cura di Giulia Sammarco
con la collaborazione della dott.ssa Beatrice Granata
Farmacista
Gruppo Piusalute srl e Agifar Bergamo