Eccessivo allenamento, un’alterata biomeccanica, terreni inadatti, pregresse contratture muscolari. Sono solo alcune delle cause che possono portare a fratture da stress o da fatica. Un problema piuttosto frequente, non sempre di facile inquadramento, che riguarda in particolare sportivi che si dedicano ad attività come corsa, jogging, marcia, salto, danza, ginnastica, calcio, basket, pallavolo, tennis, ma che non risparmia, seppur con un’incidenza inferiore, nemmeno ciclisti, golfisti, chi fa arti marziali e persino chi tira con la carabina!

Quando l’osso non regge le sollecitazioni esterne
Per frattura da stress o da fatica si intende un particolare tipo di frattura dell’osso causata da un sovraccarico non traumatico e ripetuto nel tempo. Si crea, in pratica, uno squilibrio tra la richiesta funzionale e la capacità di resistenza del tessuto: il fisiologico processo di rimodellamento osseo (processo continuo di adattamento strutturale dell’osso alle sollecitazioni provenienti dall’esterno), non risulta abbastanza rapido per reggere appieno le sollecitazioni.

Esistono due fondamentali tipi di fratture da stress
> Derivanti da eccessive forze che si scaricano su un osso normale;
> dovute a forze anche di più modesta entità che però si scaricano su un osso patologicamente indebolito.
Le cause, quindi, possono essere molteplici. Tra le più frequenti: l’eccessivo allenamento, un incremento spropositato del numero di competizioni, un’alterata biomeccanica strutturale, terreni inadatti, pregresse contratture muscolari, squilibri ormonali, amenorrea, malnutrizione, osteoporosi, artrite reumatoide e altre patologie metaboliche ossee, esiti di interventi chirurgici, soprattutto recenti, a carico degli arti inferiori. Le sedi più frequentemente colpite sono: metatarsi, calcagno, tibia, perone, collo femorale e scafoide tarsale, ma sono state riscontrate fratture da fatica anche a carico di vertebre, rotula, clavicola, coracoide scapolare, olecrano, coste e radio.

I sintomi: un dolore localizzato che diventa sempre più costante, anche a riposo
In un certo numero di casi le fratture da stress possono essere precedute da periostiti (infiammazione che interessa il periostio, la membrana di tessuto connettivo fibroso compatto che riveste la superficie delle ossa). La sintomatologia si manifesta caratteristicamente con dolore localizzato che nelle prime fasi compare durante o subito dopo sforzo; in seguito l’insorgenza avviene sempre più precocemente durante l’attività sportiva, fino a essere presente anche a riposo, specialmente nelle ore notturne. Spesso sono anche riscontrabili edema (gonfiore) locale, parziale impotenza funzionale e contratture muscolari. La palpazione diretta della zona interessata risveglia sempre dolore, a volte anche intenso.

La diagnosi? Non sempre è immediata
La diagnosi strumentale si avvale delle radiografie standard che, tuttavia, nelle prime fasi possono risultare negative e, in caso di persistente sospetto clinico, andrebbero ripetute dopo circa tre settimane. Utile è anche la Risonanza Magnetica che, al contrario, è in grado di evidenziare questa specifica patologia fin dai primi momenti della sua insorgenza. La scintigrafia ossea, un tempo molto utilizzata, è oggi di fatto superata dalla Risonanza Magnetica che evita al paziente i rischi dell’esposizione ai raggi X e risulta essere molto più specifica. Il corretto inquadramento diagnostico, comunque, spesso non è agevole, poiché numerose altre patologie presentano segni e sintomi simili alle fratture da stress: sindromi compartimentali subacute o croniche da esercizio fisico prolungato, sindrome del tendine tibiale posteriore, gotta, neurinoma di Morton, neoplasie.

Non sempre serve l’intervento, a volte bastano riposo e terapie fisiche per recuperare
La cura principale consiste nell’immediata sospensione del carico sul distretto interessato, che deve essere prolungata per un periodo adeguato (in genere dalle 4 alle 12 settimane). In alcuni casi si rende necessario l’approccio chirurgico (collo femorale, tibia, alcuni tipi di frattura metatarsale etc.), in altri può essere sufficiente un’immobilizzazione con tutori, gessi funzionali, taping o altri presidi; anche alcune terapie fisiche elettromedicali possono trovare uno spazio terapeutico, in particolare i campi elettromagnetici pulsati e le onde d’urto. È importante trattare queste fratture tempestivamente e nel modo corretto per evitare la più comune complicanza, cioè la scomposizione della frattura, oltre alle complicanze tipiche delle fratture in generale, tra cui le trombosi venose profonde e le embolie. La ripresa funzionale deve seguire stretti e severi criteri di gradualità: nelle fasi iniziali è particolarmente indicata la riabilitazione in acqua, che consente il recupero motorio, in sostanziale assenza di carico, a cui seguirà un adeguato ciclo di fisiochinesiterapia assistita per raggiungere il completo recupero funzionale.

"Le donne risultano essere più colpite rispetto agli uomini, mentre le popolazioni afro-americane risultano essere meno suscettibili alle fratture da stress”

Plantari e allenamenti progressivi per prevenire
La prevenzione gioca un ruolo fondamentale nei confronti delle fratture da stress: la correzione di difetti biomeccanici (ad esempio plantari sportivi per controbilanciare pronazione, supinazione, piattismo, cavismo della volta plantare, valgismo o varismo del retropiede), una corretta e progressiva tabella di allenamento, calzature idonee, un adeguato riscaldamento, uno sviluppato tono-trofismo muscolare e un equilibrato apporto dietetico appaiono fattori indispensabili al fine di abbassare l’incidenza di questa patologia, di fatto non così rara tra gli sportivi.

A cura di dott. Roberto Orlandi
Ortopedico-Traumatologo e Specialista in Medicina dello Sport
Consigliere Provinciale Federazione Medico-Sportiva Italiana