Hpv test al posto del Pap test? La notizia secondo la quale nei prossimi anni l'Hpv test potrebbe gradualmente sostituire il Pap test nella prevenzione del tumore al collo dell'utero è rimbalzata qualche settimana fa sulle pagine di tutti i giornali. E, ovviamente, ha suscitato grande interesse, e anche qualche timore, tra le donne. "Ma quindi il Pap test non servirà più? E come si farà allora la prevenzione?": sono queste le domande che tutte si sono fatte. Per fare il punto di come attualmente si svolge nella nostra provincia la prevenzione nei confronti di questo tumore (il secondo tumore maligno nella donna a livello mondiale) ci siamo rivolti alla dottoressa Fiorenza Cartellà, Coordinatore Ostetrico Ginecologo dei Consultori Asl di Bergamo e alla dottoressa Laura Tessandri, Referente Centro Screening Oncologico Asl Bergamo.

«L'Hpv test è un'indagine genetica che va a ricercare la presenza del papilloma virus, e in particolare dei ceppi 16 e 18 che sono tra i principali responsabili accertati del tumore della cervice. Nella nostra provincia viene utilizzato come esame di secondo livello, nel caso in cui il Pap test (cioè l'esame citologico delle cellule prelevate dal collo dell'utero) presenti qualche tipo di anomalia. Non serve però sotto i 30 anni, perché può dare falsi positivi. Dall'inizio dell'attività sessuale e per diversi anni dopo (cioè proprio fin verso i 30), infatti, la probabilità di avere una infezione da Hpv è molto alta, ma in questa fascia d'età tende a essere un'infezione transitoria, che regredisce nell'80% dei casi spontaneamente senza conseguenze di rilievo. La presenza del virus, quindi, in queste giovani donne non indica un vero rischio nei confronti del cancro del collo dell'utero. Al contrario potrebbe generare ansia ingiustificata» dicono le due funzionarie Asl.

Quindi il Pap test rimane il test "principe" per la diagnosi precoce?
Sì. Per comprendere meglio la sua efficacia facciamo un passo indietro: in Italia i dati dei registri nazionali tumori relativi agli anni 1998-2002 (gli ultimi disponibili) mostrano che ogni anno sono stati diagnosticati 3.500 nuovi casi di tumore del collo dell'utero (pari a una stima annuale di 10 casi ogni 100.000 donne) e 1.000 sono stati i decessi per questa patologia. Questo vuol dire che la mortalità è di 1 ogni 100.000, una percentuale di molto inferiore ad esempio rispetto a quella del tumore alla mammella (16%) o del tumore al colon (11%). La diminuzione della mortalità è attribuibile soprattutto a un'informazione più adeguata (prevenzione primaria), ai miglioramenti nel campo della terapia e alla diagnosi precoce (prevenzione secondaria) realizzata con il Pap test. Il sistema di sorveglianza PASSI dell'Istituto Superiore della Sanità ha rilevato che a Bergamo e provincia il 76% delle donne fa il Pap test almeno ogni tre anni. Di fronte a questi dati, "confortanti", anche se non si deve mai abbassare la guardia, la Regione Lombardia ha ritenuto di spingere le Asl come la nostra non tanto a organizzare ulteriori programmi di screening cosiddetti organizzati (come quelli per intenderci per il cancro al seno o al colon), ma a ottimizzare le risorse cercando di "intercettare" quel 24% di donne che non ha l'abitudine di sottoporsi al Pap test, cioè donne fragili, che spesso si trovano in condizioni di disagio sociale. Per questo da ottobre 2011 l'Asl di Bergamo, in collaborazione con le strutture sanitarie della provincia, ha avviato una campagna di sensibilizzazione per la diagnosi precoce, rivolta alle donne tra i 25 e i 64 anni che negli ultimi cinque anni risultavano non essersi sottoposte a un Pap test a carico del Sistema Sanitario Regionale. Anche a loro è stata inviata una lettera informativa con tutte le informazioni su dove e come prenotare gratuitamente il Pap test. A distanza di un anno è emerso che il 68% di queste donne in effetti non si era mai sottoposta a questo esame. Oltre a questo, nel 2012 è stato istituito un tavolo tecnico interaziendale multidisciplinare per la patologia cervico-vaginale oncologica, che insieme agli specialisti della Asl (ginecologi e igienisti) ha coinvolto patologi e ginecologi degli ospedali del territorio, con l'obbiettivo di definire un protocollo diagnostico-terapeutico condiviso e univoco in tutta la Provincia di Bergamo nella gestione di Pap test anomalo, supportato dalle più recenti evidenze scientifiche e rispettoso dei criteri di appropriatezza.

Oltre al Pap test cosa si può fare per prevenire questo tumore?
Fondamentale è l'educazione sessuale. Essendo un virus trasmesso sessualmente bisogna adottare comportamenti sicuri, evitando rapporti non protetti o promiscui. C'è poi il vaccino per l'Hpv, un'importantissima tappa nella lotta contro questa malattia, da fare prima dell'esposizione al virus e cioè prima che comincino i rapporti sessuali. In Lombardia la vaccinazione viene offerta gratuitamente dal Sistema Sanitario Regionale alle ragazze di undici anni (dopo questa età e fino ai 46 anni può comunque essere fatto, ma pagando una quota). La copertura è del 70%. È una percentuale molto alta, ma un margine di rischio rimane comunque. Per questo, anche se si è vaccinate, è bene non dimenticare mai le altre regole di prevenzione.

Il rischio? Dipende dal tipo di virus
Da numerosi studi epidemiologici e clinici è universalmente riconosciuto che il tumore del collo dell'utero è provocato dal papillomavirus (Hpv) di cui si conoscono oltre 100 tipi. Il coinvolgimento nella genesi di tale patologia è più frequente per alcuni tipi virali rispetto ad altri, per cui si catalogano questi virus in classi di basso, moderato o alto rischio. L'Hpv test permette di svelare la presenza del virus e di individuare il tipo di Hpv coinvolto. Si è accertato che questa infezione è largamente diffusa nelle fasce di età più giovani, dove la malattia ha un carattere transitorio. Solo in caso di persistenza nel tempo di infezioni di HPV ad alto rischio è possibile, in una minoranza dei casi e nel corso di diversi anni, lo sviluppo di un tumore del collo uterino.

a cura di ELENA BUONANNO
con la collaborazione della DOTT.SSA LAURA TESSANDRI
Referente Centro Screening Oncologico Asl di Bergamo
e
con la collaborazione della DOTT.SSA FIORENZA CARTELLA'
Coordinatore Ostetrico Ginecologico dei Consultori Asl di Bergamo