Sempre maggiori evidenze cliniche sottolineano, anche in caso di malattia di Parkinson, l’importanza del ruolo dell‘esercizio fisico moderato, ma soprattutto ad alta intensità. E questo vale sia nel contenere la gravità dei sintomi sia nel ritardare l’evoluzione della malattia. «I percorsi specialistici di intervento attivati presso la palestra neuroabilitativa di ALP Life rilevano sempre più che l’esercizio finalizzato ad un’attività motoria e realizzato con precisi protocolli porti a un maggiore controllo della deambulazione (migliorando l’ampiezza, la cadenza del passo e la velocità del cammino)» confermano il dottor Sandro Feller e la dottoressa Claudia Maggio, psicoterapeuta di ALP Life - realtà nata da un’iniziativa del Gruppo IN che raccoglie l’esperienza socio-sanitaria delle cooperative Contatto, La Bonne Semence e ProgettAzione - che propone un modello di cura e assistenza post-ospedaliera per persone in condizioni di disabilità fisica, psichica, sensoriale e comportamentale attraverso nuove tecniche per la verticalizzazione e la mobilità. Conosciamo meglio insieme a loro la patologia e questi benefici offerti dall’esercizio fisico.

Qual è l’impatto del morbo sulla vita di chi ne soffre?

Il Parkinson, il più frequente dei cosiddetti “Disordini del Movimento”, è una malattia neurodegenerativa cronica ad evoluzione lenta, ma progressiva, che coinvolge principalmente alcune funzioni: il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. I principali sintomi motori sono tremore a riposo, rigidità, bradicinesia e in una fase più avanzata, instabilità posturale. Anche apatia, umore depresso e/o ansioso sono spesso presenti nella sfera emotiva delle persone colpite da Parkinson.
L’evoluzione della malattia comporta, inoltre, la comparsa di sintomi non motori: alterazioni del sonno e delle funzioni cognitive, aspetti che si mostrano spesso con segnali iniziali di lieve entità (cali di memoria e concentrazione, distraibilità, rallentamento dei riflessi etc.).

Come il movimento può aiutare?

Poter ritornare a uno stile di vita attivo è fondamentale per contrastare gli effetti negativi di questa condizione clinica sulla dimensione emotivo-affettiva della persona: permette di acquistare una maggiore fiducia e sicurezza nei propri spostamenti (anche riducendo il timore del rischio di caduta), evita l’instaurarsi di situazioni di chiusura e isolamento sociale. Molte persone colpite da Parkinson infatti provano imbarazzo e vergogna nel muoversi in contesti esterni; la scelta può allora diventare quella di limitare la propria quotidianità sempre di più all’interno del contesto domestico. Restituire loro o comunque rallentare la condizione degenerativa influisce inevitabilmente anche sull’assetto psicologico. Diventa fondamentale, quindi, la progettazione di interventi cognitivi che possano essere attivati in maniera sinergica con l’attività motoria. Lavorare contemporaneamente su più aree di fragilità migliora la capacità delle persone di pianificare e progettare la propria vita nei diversi impegni e compiti di ogni giorno. In conclusione è importante attuare un intervento che oltre alla rieducazione del passo, della respirazione e dei rischi di caduta si occupi sin dall’inizio del monitoraggio e di interventi per la dimensione cognitivo-intellettiva. 

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