Riportiamo la bellissima testimonianza scritta da Marco Minali, 47 anni di Treviolo, trapiantato di rene da venticinque anni, che quest’anno ha vissuto per la prima volta l’esperienza del Cammino di Santiago in solitaria… un sogno apparentemente “impossibile” diventato realtà.
Partire per un lungo viaggio è sempre un’incognita, i dubbi ti attanagliano e i pensieri si aggrovigliano come rami degli alberi. La paura di iniziare un’avventura, solitaria e completamente nuova, spaventa. Quante domande: sarà come sto immaginando? Quali difficoltà affronterò? Sarò all’altezza? Per un trapiantato d’organo, tra l’altro, queste paure si moltiplicano enormemente, sommandosi alle domande che mi accompagnano da ben 25 anni. Le pastiglie che devo prendere regolarmente ogni otto ore, dove le metterò? Dovrò fare attenzione alle infezioni, alla stanchezza, dovrò curare i miei piedi, dovrò idratarmi molto bene, e soprattutto dovrò riposarmi per non rendere inutile il dono fattomi tanti anni fa.

Un mese da solo, a piedi e percorrendo una media di 30 km tutti i giorni. Ebbene sì, avete letto bene, tutti i giorni. Con differenti condizioni atmosferiche: sole, pioggia, nebbia, sia con il caldo sia con il freddo, in pianura e lungo le ripide salite di montagna. Questo è quanto mi aspettava prima di partire, ansia e dubbi, dipanati nei primi chilometri di cammino. Quel cammino voluto e desiderato da tempo, il primo in solitaria dalla cittadina francese San Jean Pie de Port fino alla più famosa Santiago de Compostela, dopo un percorso di oltre 800 chilometri. Mi sono preparato molto, sia fisicamente sia mentalmente: volevo assolutamente arrivare alla meta, senza sottovalutare nessun aspetto. Volevo festeggiare i miei primi 25 anni di trapianto e volevo festeggiarli con un’impresa tutta mia, da condividere con le persone che mi sono accanto e che mi hanno sostenuto in tutte le difficoltà.

E così inizia l’avventura. Lo zaino è pronto, sarà la mia casa. Una casa che porterò sulle spalle e dove riporrò quanto mi serve. Una casa di sette chili, con letto, wc, armadio, farmacia. Quante cose inutili di cui ci circondiamo e che riteniamo fondamentali nella vita di tutti i giorni. Si parte lungo la prima tappa, quella più impegnativa, quella a cui ho dedicato i miei allenamenti sulle montagne della mia Bergamo. È la prima e più faticosa, quella che mi impegnerà per circa sette ore per 25km, lentamente si sale lungo il pendio dei Pirenei francesi. La salita è bella tosta soprattutto i primi 8 chilometri mettono alla prova le gambe dei pellegrini ma lo spettacolo merita la fatica. Il mio Angelo dal cielo ha voluto proteggermi in questa dura tappa.

A metà del percorso arrivo alla croce Thibault, mi fermo a pregare. Molti mi hanno chiesto di farlo: qui credo sia la prima occasione dove riporre le speranze di molti. Il mio cammino solitario comincia a esser di gruppo. Salgo, salgo lungo una strada asfaltata che lentamente si trasforma in un sentiero di montagna, i pascoli si aprono ai miei occhi e i paesaggi sono bellissimi, mi fermo più volte a contemplare le bellezze della natura. Sono felice della vita! Quale grande seconda opportunità mi è stata regalata quel lontano 6 dicembre 1993.

Arrivo al monastero di Roncisvalle, alla fine della prima tappa. Ora mi aspetta il riposo, ma dopo aver fatto il bucato e una bella doccia. Dormiamo in una grande camerata con circa 100 persone, tutti in letti a castello. Ho già incontrato pellegrini provenienti dalla Germania, Corea del sud, USA, ma ne incontrerò ancora molti.

Le giornate sono scandite ormai in modo costante, sveglia alle 6:30. Lo zaino è già pronto per evitare di prepararlo al buio e per non svegliare chi dorme. La colazione la faccio lungo il cammino, non preoccupatevi si trovano bar e supermercati nei piccoli paesini rurali, fatti di poche case e tanti animali che incontriamo. Il pranzo sarà un panino accompagnato dall’acqua che non deve assolutamente mancare. La cena verrà fatta negli albergue che mi ospiteranno per la notte. Sono paragonabili ai nostri rifugi di montagna: pernotto e doccia, sei euro; cucina per cucinare il cibo che comprerò lungo la giornata. Incontrerò anche albergue cosiddetti a donativo, dove pagherò quello che vorrò e sarò io a decidere la tariffa in base alla mia disponibilità economica e a quello che riterrò congruo.
Così sarà al S. Nicolas, una chiesa sconsacrata. Si dorme in letti a castello ma la cosa bella è che non c’è corrente elettrica, si cena e si vive con la luce della candela. Affascinante! I volontari hanno inoltre l’usanza di lavare i piedi ai pochi pellegrini che si fermano, una pratica che dovrebbe richiamare quanto fatto da Gesù ai suoi discepoli.

Arrivo a Santiago, siamo in cinque pellegrini di nazionalità diverse. Ci siamo conosciuti nei giorni precedenti. Decidiamo di entrare nell’ultimo chilometro mano nella mano, fino alla piazza di fronte alla cattedrale. Siamo emozionati e silenziosi, stranamente solo poco prima ridevamo e scherzavamo come bambini, si sentiva l’agitazione. Siamo di fronte alla cattedrale, non capiamo cosa succede. Ci guardiamo attorno, in silenzio. I nostri sguardi si incrociano e scoppiamo a piangere, un pianto liberatorio. Siamo arrivati alla meta, con la nostra forza con i nostri problemi, ma siamo arrivati e non ci sembra vero. Una dedica speciale va a tutte le persone che attendono una seconda opportunità, grazie a un trapianto. Che possiate quanto prima riprendere con forza in mano la vs. vita! Tanta salute a voi! E Buen Camino...

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute? Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!

a cura DI MARCO MINALI