Il prurito è definito come una sensazione spiacevole che evoca il desiderio di grattarsi. Si tratta di un sintomo assai diffuso, che a seconda delle statistiche colpisce dall’8 al 40% della popolazione. Può essere la spia di molte malattie della pelle, ma non solo. Spesso ha cause banali, altre volte, soprattutto quando diventa cronico (ovvero se la durata supera le 6 settimane), può essere il segnale di malattie più serie. Individuarne la causa è il primo passo per mettere a punto una strategia terapeutica efficace ed eliminare i fastidi.

Non tutti i pruriti hanno la stessa origine. Comunemente si distinguono quattro possibili cause.
> Prurito dermatologico: è un sintomo generato da una malattia cutanea. Si concentra nelle aree in cui essa è presente e si allevia o scompare con il trattamento della stessa.
> Prurito sistemico: la sensazione cutanea non origina da una malattia della pelle, ma da malattie renali, epatiche, endocrine, metaboliche, neoplastiche. Anche l’assunzione di alcuni farmaci può far insorgere prurito, pur senza una vera reazione allergica. Il prurito può presentarsi anche in gravidanza, associato o meno a malattie specifiche: quasi il 40% delle gravide ne soffre, soprattutto nel terzo trimestre.
> Prurito neuropatico: meno frequente, insorge a causa di un danno, di una degenerazione o di una disfunzione acquisita delle fibre nervose deputate alla conduzione dello stimolo che il sistema nervoso centrale interpreta come prurito. È il sintomo cardine di malattie poco comuni quali la notalgia o meralgia parestesica o il prurito brachioradiale, ma può anche manifestarsi come conseguenza di un danno neurologico indotto da malattie più diffuse come l’herpes zoster, la sclerosi multipla e gli ictus cerebrali. In tali casi la cute mostra solo segni secondari al grattamento cronico (ispessimento, iperpigmentazione, escoriazioni) il cui riconoscimento, insieme alla particolare localizzazione del sintomo e al suo essere accompagnato spesso da parestesie (sensazione di bruciore, puntura, caldo/freddo), può permettere la diagnosi senza dover procedere ad altre indagini diagnostiche.
> Prurito psicogeno: insorge nel contesto di un disturbo psichiatrico, più spesso di tipo depressivo o ossessivo-compulsivo. Si tratta di una diagnosi di esclusione, alla quale si arriva dopo aver preso in considerazione altre possibili cause di prurito. Si accompagna spesso a escoriazioni anche importanti e/o a segni di auto-danneggiamento della cute. Nella valutazione di questo tipo di prurito va tenuto in considerazione il fatto che alcuni farmaci utilizzati in ambito psichiatrico possono essi stessi indurre prurito.

 

Quando è sintomo di malattie dermatologiche…
Tra le malattie dermatologiche che possono avere come sintomo il prurito, la più comune è la dermatite atopica, che può iniziare in età infantile ed è quasi invariabilmente accompagnata da prurito. Possono evocare prurito anche la dermatite da contatto, l’orticaria, la psoriasi (soprattutto quando localizzata in certe aree come le pieghe), malattie di origine parassitaria come la scabbia (classico in questo caso il prurito notturno) e malattie meno comuni come il pemfigoide bolloso, la dermatite erpetiforme e il lichen planus. La diagnosi viene effettuata dal dermatologo sulla base soprattutto dei dati clinici, eventualmente con l’ausilio di una biopsia cutanea.

… e quando è la spia di un problema più “ampio”
Il prurito di origine sistemica è spesso generalizzato, più acuto nelle ore serali/notturne, e resistente a provvedimenti terapeutici generici o specifici. Il ruolo del dermatologo in questo caso è quello di diagnosticare un’eventuale dermatite che causi il sintomo oppure di richiedere accertamenti di laboratorio e/o strumentali e la consulenza di altri specialisti per una corretta individuazione dell’origine del prurito. L’associazione con altri sintomi e segni (astenia, perdita di peso, sudorazione notturna) può indirizzare la diagnosi. Questo tipo di prurito è quindi una “spia” importante che se adeguatamente considerata può portare alla diagnosi precoce di malattie anche severe. Nel caso del prurito sistemico, infatti, le malattie più frequenti sono quelle renali (insufficienza renale cronica), epatiche (soprattutto se associate a colestasi, cioè a un rallentamento dell’eliminazione della bile), endocrine (ipertiroidismo), metaboliche (diabete), neoplastiche (malattie linfo- o mielo-proliferative).

Non solo antistaminici: la terapia per alleviare il fastidio
Il cardine della terapia del prurito sono da decenni gli antistaminici, farmaci che bloccano il recettore H1 per l’istamina (sostanza che il corpo produce proprio in risposta alla presenza di un allergene). Negli ultimi anni il loro ruolo è stato progressivamente ridimensionato. L’istamina, storicamente considerata la “molecola del prurito”, è infatti solo una delle molte sostanze coinvolte nella complicata genesi del prurito: serotonina, proteasi, citochine, interleuchine, bradichinina, sostanza P, peptidi oppiodi ne sono alcuni esempi. Inoltre un complesso sistema di regolazione e di trasmissione dello stimolo attraverso fibre e recettori nervosi di diverso tipo interviene nell’elaborazione del sintomo prurito da parte del sistema nervoso centrale. Gli antistaminici di prima generazione, per la loro forte capacità di indurre sonnolenza, trovano oggi indicazione soprattutto nei pruriti notturni. Quelli di nuova generazione, meno sedativi, sono utilizzati nel prurito da orticaria, eczema, punture d’insetto, mastocitosi, reazioni da farmaco. Corticosteroidi e immunosoppressori (azatioprina, ciclosporina, micofenolato mofetile) possono essere utilizzati nella terapia delle dermatiti, agendo anche sul prurito che le accompagna. L’acido ursodesossicolico può essere efficace nel trattamento del prurito da colestasi della gravidanza. Varie sperimentazioni hanno ricercato nuove terapie sistemiche. Antiepilettici come gabapentin e pregabalin sono stati utilizzati con discreti risultati nei pruriti uremici (cioè da insufficienza renale) e di origine neuropatica. Antidepressivi quali mirtazapina e paroxetina possono essere utili nel trattamento del prurito notturno, da colestasi, uremico o paraneoplastico. Antagonisti dei recettori degli oppioidi (naloxone, naltrexone) possono alleviare il prurito nella colestasi (ovvero malattia del fegato con compromissione del flusso della bile), nell’uremia e nelle malattie dermatologiche. Come terapia locale, nei pruriti indotti da malattie cutanee possono essere utilizzati corticosteroidi o inibitori della calcineurina, che riducendo l’infiammazione della pelle agiscono secondariamente anche sul sintomo. La fototerapia con ultravioletti B e/o A, associati o meno all’assunzione di psoraleni (PUVA-terapia), si rivela utile soprattutto nel caso delle malattie dermatologiche (eczema, psoriasi, linfomi cutanei) ma anche di altra origine (insufficienza renale). La capsaicina, derivata dalle piante del genere Capsicum, si è dimostrata utile sperimentalmente nel contenere i pruriti neurologici (notalgia parestesica, prurito brachioradiale, prurito dopo zoster): attualmente in Italia esistono cerotti che la contengono all’8%, che hanno indicazione come antidolorifici. Il mentolo a concentrazioni inferiori al 5% può causare una momentanea e localizzata riduzione della temperatura cutanea, in questo modo diminuendo il prurito; a concentrazioni maggiori diventa irritante. Gli anestetici locali (lidocaina, prilocaina) in crema possono rivelarsi utili nei pruriti localizzati di varia origine (neuropatici, post-ustione, uremici). Altre sostanze (tossina botulinica, cannabinoidi) sono state segnalate come potenzialmente efficaci nel controllo del prurito in studi sperimentali. Gli antistaminici topici sono generalmente sconsigliati per l’elevata capacità di indurre reazioni allergiche locali.

"Il prurito, oltre a essere una manifestazione tipica di problemi alla pelle spesso banali, può talvolta essere spia di malattie più serie”

Dai rimedi della nonna alle precauzioni quotidiane
Quasi tutti i tipi di prurito possono essere alleviati da alcuni rimedi non farmacologici. L’idratazione frequente contribuisce a riparare la barriera cutanea e a ridurre la xerosi (secchezza), che può essa stessa causare o esacerbare il sintomo. Le detersioni troppo frequenti e l’utilizzo di detergenti aggressivi possono favorire la secchezza e vanno quindi evitati, preferendo detergenti con pochi tensioattivi (poco schiumogeni). Bagni con amido possono prevenire la secchezza cutanea, ma non devono essere troppo frequenti né prolungati. I recettori del prurito sono sensibili alla temperatura e chi ne soffre dovrebbe evitare di coprirsi troppo o fare bagni o docce eccessivamente caldi o prolungati. Alcune fibre come la lana sono irritanti e il loro contatto diretto con la cute va quindi possibilmente evitato. Una fasciatura leggera delle aree più pruriginose può aiutare a prevenire i danni indotti dal grattamento (talora anche inconsapevole); tenere le unghie molto corte può evitare la formazione di escoriazioni. Nei casi di pruriti particolarmente prolungati anche una terapia comportamentale può essere utile, poiché può insegnare a interrompere il circolo vizioso prurito-grattamento attraverso esercizi di “distrazione” dal sintomo e di interruzione dell’abitudine.

A cura del DOTT. PAOLO SENA
Specialista in Dermatologia
U.O. Dermatologia
ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo