“Tutto deve partire dalla testa”. Se chiedessimo a campioni come Sofia Goggia e Michela Moioli quale percorso li abbia portati sul podio la loro risposta al 99% potrebbe essere questa, al di là dell’allenamento e dei tanti elementi tecnici che caratterizzano lo sport dei tempi moderni. Ci sono atleti che riescono da soli a trovare un proprio modo di gestire la scalata al successo agonistico e altri che si affidano a coach e psicologi per trovare la strada verso il flow. Ma che cosa è Il flow? «In italiano flusso, nel gergo sportivo viene anche chiamato “entrare nella zona”» spiega il dottor Marco Ghezzi, psicologo dello Sport. «è quella condizione avvincente, nello sport e nella vita, in cui tutto riesce bene, in maniera automatica e armonica, in grande sintonia con se stessi e con gli altri, energici e molto concentrati su quello che si sta facendo, tendenzialmente un’esperienza memorabile».

Dottor Ghezzi può farci un esempio pratico di cosa significhi entrare nel flow?
Certo, partiamo proprio dal momento attuale. Mentre venivo a fare questa intervista mi preparavo mentalmente arrovellandomi su pensieri razionali per rispondere con linguaggio preciso e tecnico, sforzandomi di trasporre in parole i concetti. Ma più andavo avanti più mi accorgevo che non lo stavo facendo con piacere, ma con un vago senso di apprensione e il risultato era artificioso, corretto ma privo di vita. Non avrei comunicato quello che volevo, non avrei comunicato con passione, non avrei trasmesso il senso del flow. Così ho lasciato spazio al cuore e l’ho lasciato parlare. Il cuore allora ha scaldato i motori, si è messo in moto e quasi subito mi ha detto che ero connesso, totalmente partecipe di quello che stavo facendo, con la curiosità e la voglia di esprimere liberamente il mio pensiero. Stavo entrando in flow! Ognuno di noi ha vissuto e vive occasionalmente stati di questo tipo e può succedere nelle esperienze più semplici e comuni.

Quindi può accadere in tutte le attività quotidiane?
Certo, succede alla casalinga che prepara il pranzo dimenticando la dimensione del tempo, allo studente totalmente concentrato su una materia che lo appassiona, al padre che fa i compiti col proprio bimbo in uno stato di rilassatezza che fino a pochi minuti prima non riconosceva, al musicista che si perde per ore in un accordo. Non bisogna essere necessariamente in uno stato alterato da chissà quale sostanza per entrare nel flusso. È possibile entrare nella zona a mente lucida, anzi esserci dentro pienamente ne è l’essenza. Concentrati, appassionati, liberi da pensieri esterni, fluidi.

C’è una base scientifica a questa teoria?
Si deve a un ricercatore americano di origine ungherese, Mihály Csíkszentmihályi, l’identificazione e la descrizione del flow, a cui è arrivato dopo aver intervistato migliaia di persone, tra atleti, creativi, artisti e tante persone comuni che si ritrovavano spesso a vivere questo stato. Questo psicologo, esponente della scuola di pensiero di psicologia positiva, ha poi elaborato un test che viene attualmente usato nel campo dello sport e del lavoro, per allenare le componenti psicologiche che predispongono più facilmente allo stato di flow.

Tutti possiamo accedere a questo “stato di grazia”?
Il flow ce l’abbiamo dentro tutti, ognuno ha il suo e il suo modo di entrarvi e di viverlo. Non si scappa, si passa sempre dalla straordinaria meraviglia e unicità che è l’essere umano. Ora, proviamo a riflettere su quanto siamo oggi condizionati dal contesto e dalle aspettative sociali, quanto poco siamo abituati ad ascoltarci e ad ascoltare, quanto rumore di fondo venga provocato dagli aggeggi tecnologici di cui siamo dotati, quanta consapevolezza rischiamo di perdere affaccendati continuamente su questioni contingenti. Può capitare quindi di perdere l’abitudine ad ascoltarsi e a sintonizzarsi con il proprio corpo, tant’è che spesso esso stesso può diventare estraneo, non si riesce a leggerne i segnali, oppure ne siamo troppo preoccupati.

Come ci si può “ricentrare” in queste situazioni?
Un esercizio di consapevolezza, semplice e facile da provare, è quello di fermarsi, prendersi una pausa, mettersi in una posizione comoda e libera da disturbo e badare solo al ritmo del respiro, ascoltare e percepire il proprio corpo che respira profondamente, i polmoni che si riempiono e si svuotano, il corpo che si rilassa e lasciare che la mente vaghi, cercando di non fissarsi su un singolo pensiero. Semplicemente osservare quello che accade. I ritmi fisiologici si acquietano, il cuore batte più tranquillo, il corpo si abbandona, il sistema nervoso riconosce la calma del corpo rilassato e rilascia sostanze che generano benessere. La mente si apre, si hanno intuizioni su questioni che ci attanagliavano i pensieri, si sognano progetti, s’intercettano motivi di disagio etc.. Se si ha fiducia e si persiste, i risultati arriveranno. Vi potreste sorprendere, se non l’avete mai fatto, delle potenzialità di un esercizio così semplice. È attraverso la pratica che si trova la strada: curiosando, esplorando con disposizione positiva e desiderio, prendendosi del tempo per sé.

Non è un caso se yoga e meditazione, che utilizzano ampiamente la respirazione e provengono da una tradizione millenaria, siano tanto apprezzate oggi: sempre più persone vivono la sensazione di uno scollamento con la propria natura più profonda e cercano soluzioni”

a cura DI VIOLA COMPOSTELLA
con la collaborazione del dottor MARCO GHEZZI
Psicologo dello Sport e Psicoterapeuta a Bergamo