«Diventare mamma e papà è un fenomeno naturale spesso sottovalutato nella sua complessità e nei risvolti che determina nella vita di un individuo e della coppia affettiva. Che sia stata desiderata o abbia colto di sorpresa, la neogenitorialità implica un importante riassetto della propria identità e vita, non sempre facili e immediati. E non è raro che subentrino sentimenti come ansia e tristezza». Chi parla è la dottoressa Mara Seiti, psicologa e psicoterapeuta. L’abbiamo incontrata per parlare di depressione post-partum, un problema che in diverse forme e intensità può riguardare non solo le neomamme, come spesso di pensa, ma anche i neo papà “travolti” anche loro dalle inevitabili novità e responsabilità che un figlio porta con sé.

 

Dottoressa Seiti, cosa si intende per depressione post-partum? Quando e come si manifesta?
Bisogna innanzitutto distinguere tre diverse sindromi che vengono erroneamente sovrapposte tra loro.
> Disforia post-partum (baby blues). Interessa circa il 50-70% delle partorienti e costituisce una condizione transitoria che esordice generalmente da tre a cinque giorni dopo il parto e spesso si risolve nel giro di due settimane. Si manifesta con tristezza, nostalgia, facilità al pianto, insonnia, irritabilità e momentaneo distacco e disinteresse dal bambino. Solo nel 10-20% dei casi evolve in depressione postpartum.
> Psicosi post-partum. Fortunantamente rara, colpisce una/due neomamme su 1000. Esordisce bruscamente di solito tra il terzo e il quattrordicesimo giorno dopo il parto ed è caratterizzata da uno stato confuso-onirico con grave agitazione psicomotoria e allucinazioni che incitano la mamma a uccidere il bambino o se stessa. In questi casi è necessario rivolgersi ai servizi psichiatrici del territorio.
> Depressione post-partum propriamente detta. Si manifesta nel 10-13% delle donne di solito entro quattro/sei settimane dal parto (ma anche nei mesi successivi) e presenta sintomi come umore depresso, diminuzione di interesse e piacere in varie attività, ritiro sociale, insonnia o sonno eccessivo, ansia, affaticabilità, sentimenti di autosvalutazione o colpa per la fatica nell’assumere il ruolo di mamma, difficoltà di concentrazione e paura di far del male al bambino e/o bisogno di controllarlo eccessivamente.

Esistono delle condizioni che rendono le mamme (e i papà) più vulnerabili? 
Alcuni “fattori predisponenti” permettono di riconoscere precocemente le mamme a rischio di sviluppare depressione postpartum e fornire loro adeguato sostegno psicologico sin dai primi mesi della gravidanza. Tra questi: episodi depressivi precedenti alla gravidanza, episodi ricorrenti di ansia e depressione durante la gravidanza, fattori psicosociali (madre single, problemi di coppia, bassa presenza di supporto sociale da amici e/o familiari), eventi traumatici nell’ultimo anno (ad esempio traslochi, lutti, perdita di lavoro propria o del partner).

Che conseguenze può avere la depressione post-partum sui genitori e sul neonato se non si affronta il problema per tempo?
Solo intervenendo tempestivamente è possibile fornire sostegni utili a favorire una qualità della vita migliore ai genitori. La serenità e il benessere dei genitori infatti costituiscono una condizione fondamentale allo sviluppo armonico del bambino. In particolare, la depressione post-partum può impoverire la capacità materna di rispondere in modo puntuale e sensibile agli stimoli e ai bisogni del bambino, esponendolo a una deficitaria capacità di regolazione emotiva, difficoltà nell’attenzione e ritiro dall’interazione con gli altri. I neonati possono quindi manifestare pianti continui e inconsolabili, coliche intestinali e disturbi del sonno. Per quanto riguarda invece la depressione post-partum paterna, gli studi hanno dimostrato che in particolare è correlata a disturbi della condotta nei figli adolescenti oltre che a crisi importanti nel rapporto tra i partner, fino alla rottura. In alcuni rari casi, il papà può reagire con comportamenti di fuga, distaccandosi emotivamente dalla compagna e disinteressandosi di lei e del bambino, fino ad avere rapporti sessuali clandestini o vere e proprie relazioni extraconiugali.

Cosa si può fare per evitare e/o prevenire tutto questo?
È fondamentale non sottovalutare fattori predisponenti e sintomi, rivolgendosi al servizio psicologico del dipartimento materno infantile del proprio ospedale o a uno dei consultori familiari dislocati sul territorio. Non bisogna temere di chiedere aiuto: la fatica di questa fase di vita è più che comprensibile. Non bisogna cadere nella trappola del perfezionismo o dell’ideale della donna (o dell’uomo) “tutto fare”.
Inoltre:
> è bene che le persone vicine (amici e familiari) diano sostegno pratico alla neomamma (ad esempio aiutandola coi lavori domestici), così che possa sentirsi sollevata dalle incombenze quotidiane e dedicarsi al proprio bambino, senza vedersi sostituire nel suo ruolo;
> è importante avere un atteggiamento comprensivo e disponibile verso i neogenitori in modo da aiutarli a esprimere paure, sentimenti di fatica e/o di inadeguatezza;
> è opportuno che mamma e papà salvaguardino alcuni spazi esclusivi di coppia (senza bambino), in cui parlare, svagarsi e viversi nella propria intimità.

Un problema anche maschile
La depressione post-partum insorge anche nel 4% dei neopapà con sintomi depressivi simili a quelli della donna. Come per le mamme, anche i papà si trovano a fare i conti con una realtà (interna ed esterna) completamente nuova che talvolta mette a dura prova il proprio rapporto affettivo e l’equilibrio psichico individuale.

a cura DI VIOLA COMPOSTELLA
DOTT.SSA MARA SEITI
Psicologa e psicoterapeuta
A Capriolo (BS)