Anche nota come AIDS felino, la FIV, acronimo che nei proprietari di gatti incute timore, colpisce circa il 12% dei gatti nel nord Italia. Ad oggi non esiste una cura. Controlli periodici, una buona igiene, qualche precauzione e una corretta alimentazione però possono garantire al gatto sieropositivo una buona qualità di vita. Come ci spiega il dottor Stefano Cattaneo, medico veterinario.

Dottor Cattaneo, da cosa è causata la FIV?
Dall’inglese “Feline Immunodeficiency Virus” (virus dell’immudeficienza felina), la FIV è una malattia infettiva causata da un retrovirus con un comportamento analogo al virus dell’AIDS umano che può portare a un indebolimento del sistema immunitario e quindi a una maggiore esposizione alle infezioni. Non è trasmissibile all’uomo.

Quali sono i sintomi della FIV? 
Per un lungo periodo il gatto sieropositivo è asintomatico. Quando il virus aggredisce il sistema immunitario, il gatto andrà incontro più facilmente a infezioni che diventeranno sempre più ricorrenti. La sintomatologia sarà quindi molto varia, a seconda delle infezioni: stomatite, gengivite e problemi dentari (25-50% dei casi); forme respiratorie (30% dei casi); diarrea persistente (10-20% dei casi); problemi renali (glomerulonefriti immunomediate); congiuntiviti, iriditi; alterazioni neurologiche; febbre e cachessia, ovvero deperimento (soprattutto negli stadi terminali). Nei gatti FIV positivi si riscontrano più frequentemente tumori, in particolare linfomi.

Come viene trasmessa?
La via più frequente di trasmissione sono le ferite da morso da parte di altri gatti. l virus nell’ambiente è poco resistente e viene facilmente inattivato da raggi ultravioletti, calore e detergenti.

Quali sono i gatti più a rischio?
I maschi non castrati che vivono all’aperto, per via delle lotte con altri gatti per il predominio territoriale e gli accoppiamenti (il 75% dei gatti sieropositivi sono maschi). Un gatto invece che vive in casa non rischia l’infezione (ma può sviluppare la malattia se era già positivo al momento dell’adozione). I gatti che convivono con altri gatti sieropositivi hanno un rischio basso di infettarsi, se la loro struttura sociale è stabile e sono sterilizzati (quindi con un basso rischio di lotte e di morsi). Non si consiglia di introdurre un nuovo gatto in una casa dove è già presente un gatto sieropositivo, per il rischio di eventuali lotte con il nuovo arrivato.

Come si diagnostica? 
Con un esame del sangue che ricerca la presenza di anticorpi rilevabili da 9 a 28 giorni dal contagio. Per questo è bene effettuarlo dopo 60 giorni dal presunto contagio o dall’adozione del gatto, altrimenti potrebbe risultare falsamente negativo.

Come si può trattare?
Purtroppo un gatto sieropositivo in genere non guarisce. È importante però rendersi conto che, se ben seguito, la sua aspettativa di vita non si discosta molto da un gatto sano. Dovrebbe essere sterilizzato, sarebbe meglio limitare il suo ambiente alla casa e/o al giardino, per ridurre il rischio di lotte con altri gatti e limitare anche l’ulteriore diffusione del virus. Fondamentale è l’alimentazione con una dieta bilanciata e nutrizionalmente completa per sostenere il sistema immunitario, evitando carni e uova crude, latticini non pastorizzati, per limitare possibili infezioni e parassiti. Si raccomanda una visita semestrale dal medico veterinario e gli esami del sangue e delle urine (per diagnosi precoce delle glomerulonefriti). Molto utile è il controllo regolare del peso: un calo, soprattutto se accompagnato da febbre persistente, è un fattore prognostico negativo. Nelle linee guida dell’ABCD (European Advisory Board on Cat Diseases) non si raccomanda l’uso di terapie antivirali per l’AIDS, che si sono rivelate inefficaci o addirittura tossiche; così come attualmente non esistono evidenze scientifiche a supporto degli immunomodulatori e dell’interferone. 

È utile vaccinare il gatto contro le altre malattie infettive?
Non esiste una risposta univoca. È dimostrato che nel periodo asintomatico il sistema immunitario è in grado di sviluppare un’ottima risposta anticorpale e quindi la vaccinazione svolge un ruolo protettivo verso le malattie infettive. Nelle fasi terminali però la vaccinazione può portare a uno squilibrio del sistema immunitario e favorire la progressione della malattia. È quindi il veterinario a stabilire, a seconda delle condizione del gatto, i rischi e i benefici della vaccinazione. 

Vaccino anti-FIV? In Europa non è efficace
L’unico modo efficace per prevenire la FIV è ridurre il rischio che il gatto venga morso da altri gatti. Non esistono in Europa vaccini.
Esistono negli Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda, ma non c’è nessuno studio sull’efficacia con i ceppi presenti in Europa. Inoltre questi vaccini danno una protezione solo del 56%. Le linee guida dell’ABCD non raccomandano di usare vaccini venduti fuori dell’Europa.

a cura di Maria Castellano
con la collaborazione del DOTT. STEFANO CATTANEO
Medico Vetrinario Specialista in Sanità Pubblica
Ambulatorio Veterinario Città di Albino