Permette di ottenere informazioni sullo stato di salute e la funzionalità dell’orecchio, valutando l’elasticità del timpano e della catena di ossicini responsabili dell’udito. È l’esame impedenziometrico. Di facile esecuzione e indolore, può essere utile anche nei bambini e persino nei neonati per diagnosticare eventuali disturbi dell’orecchio in caso di riduzione dell’udito. Ne parliamo con la dottoressa Alexandra Tommasi, otorinolaringoiatra.

Dottoressa Tommasi, di che tipo di esame si tratta?
Si tratta di un esame otorinolaringoiatrico che permette di capire quali sono le cause di perdita di udito, difficoltà di compensazione nel caso di sportivi o dolori auricolari durante voli aerei. Consente di ottenere informazioni sulla motilità/elasticità della membrana timpanica (per esempio nelle otiti medie catarrali, tipiche dei bambini); sulla pervietà della tuba timpanica (in apneisti e sub); sulla capacità di contrazione del muscolo stapedio, cioè il muscolo che fa contrarre la staffa (il terzo ossicino della catena ossiculare che trasmette il suono-vibrazione dalla membrana timpanica al nervo acustico e che reagisce contraendosi più o meno a seguito di stimoli rumorosi) infine sulla catena ossiculare e sulla trasmissione nervosa della via acustica centrale.

In quali casi è utile in particolare?
È molto utile nella diagnosi e nel follow up delle frequenti patologie da raffreddamento che colpiscono i bambini: le otiti medie catarrali. Le raccolte di catarro dentro la cassa del timpano, provocano un calo dell’udito e la sensazione di “orecchio pieno” o di “orecchio chiuso” come se si fosse in galleria o in alta montagna. Queste sensazioni possono anche essere frequenti negli adulti che viaggiano spesso in aereo, a seguito dei cambi repentini di pressione a cui è sottoposto l’orecchio, che non vengono compensati in tempo dalla tuba di Eustachio (cioè non riesce ad aprirsi e a chiudersi in modo adeguato per far eguagliare la pressione interna all’orecchio rispetto a quella esterna). Quando questo succede si forma una raccolta di liquido o catarro nella cassa timpanica che può essere rilevata dall’esame timpanometrico. Questi sono disturbi ben conosciuti anche dai sub e dagli apneisti, esposti anch’essi a sbalzi pressori notevoli, anche se più frequentemente li descrivono come fitte dolorose e insopportabili. Inoltre l’esame impedenzometrico è utile per seguire l’evoluzione e per aiutare a fare diagnosi in patologie come l’otosclerosi. Si tratta di una malattia che colpisce prevalentemente le donne, con un picco evolutivo durante la gravidanza e consiste nell’anomala deposizione di osso intorno all’ultimo degli ossicini, la staffa. La staffa così si immobilizza riducendo le vibrazioni trasmesse dall’onda sonora al nervo acustico (all’esame non si otterrà quindi la risposta aspettata). Si possono poi indagare cali uditivi fisiologici, cioè legati all’età o cali improvvisi, quando da un giorno all’altro il paziente riferisce di avere la sensazione di “non sentire più da un lato”. Infine, si studiano gli acufeni, quei rumori percepiti come fischi, sibili, scrosci, pulsazioni, uditi solo dal paziente.

Come si esegue?
Inserendo un tappino morbido, a forma di fungo, all’interno dell’orecchio dal quale viene emessa una pressione sonora di entità variabile in grado di mettere in movimento il timpano e la catena degli ossicini a esso annessi. 

È doloroso?
Assolutamente no. Inoltre non ha bisogno della partecipazione attiva del paziente, a differenza ad esempio dell’esame audiometrico. Queste caratteristiche lo rendono adatto anche a bambini di pochi mesi.

a cura di ELENA BUONANN
con la collaborazione della DOTT.SSA ALEXANDRA TOMMASI
Specialista in Otorinolaringoiatria A Bergamo