Dall’indimenticabile protagonista del film Rain Man a Sheldon Cooper della serie tv The Big Bang Theory, dall’antropologa forense Bones ad Amelie del Favoloso mondo di Amelie. Sono molti i film e le serie tv che negli ultimi anni hanno raccontato, in modo a tratti benevolmente ironico a tratti surreale, la vita di persone con Sindrome di Asperger: un disturbo neurobiologico imparentato con l’autismo. Pur essendo normalmente riconosciuta in età scolare, la Sindrome di Asperger può essere diagnosticata già anni prima. Riconoscerla tempestivamente è il primo passo per aiutare i propri figli ad avere un percorso evolutivo, sotto tutti i punti di vista, il più possibile normale. Come ci spiega la dottoressa Leonella Bugini, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Bugini, cosa è la Sindrome di Asperger?
La Sindrome di Asperger (SA, o AS in inglese) è un disturbo cosiddetto pervasivo dello sviluppo che ha alcune caratteristiche in comune con l’autismo. Il termine deriva dal nome del pediatra e psichiatra austriaco Hans Asperger che negli anni Quaranta scopre questa variante dell’autismo poco conosciuta a quei tempi. È però la psichiatra britannica Lorna Wing nel 1981 a dare pieno riconoscimento alla sindrome, pubblicando un lavoro scientifico su una rivista medica. Avendo avuto una figlia autistica si fa coinvolgere nella ricerca sui disordini dello sviluppo e in particolare su quelli che rientrano nella gamma dell’autismo. La sindrome di Asperger è stata resa ufficiale nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) IV nel 1994, nonostante non ci siano ancora studi approfonditi riguardo alla sua diffusione e all’incidenza maggiore o minore tra maschi e femmine. Ricordiamo comunque che nessuna etichetta diagnostica può sostituirsi alla complessità della persona, che va compresa, accolta e aiutata nella sua interezza.

Quali sono le manifestazioni nei bambini?
La SA si colloca in un campo complesso di fattori per via della mescolanza tra aspetti biologici, individuali e familiari che influiscono sullo sviluppo della personalità del bambino. I bambini affetti da SA presentano una serie di difficoltà che possono essere divise in quattro grandi aree.
• Area affettiva, emotiva, relazionale: si osserva un’incapacità di stabilire legami con altri bambini e con gli adulti, per la tendenza a estraniarsi e isolarsi dall’ambiente circostante. Questo ritiro relazionale impedisce che si sviluppino capacità empatiche. La mancanza di competenza emotiva si esprime attraverso modalità di approccio eccentriche e unilaterali, spesso espresse con approcci bruschi o aggressivi che vanno a discapito della socializzazione, durante gli anni della prima infanzia e che si estendono poi all’ingresso nella scuola materna. Inoltre, si osservano comportamenti ripetitivi e stereotipati che fanno vedere una modalità di controllo sull’altro, percepito come intrusivo e minaccioso.
• Area motoria e sensoriale: si evidenziano deficit motori. I bambini appaiono impacciati nei movimenti e spesso non riescono a utilizzare in modo attivo ed efficace la motricità: sembra che il corpo non appartenga loro. Si possono avere ritardi nell’acquisizione di abilità motorie come pedalare, prendere al volo una palla, aprire un barattolo.… Spesso le capacità manipolatorie sono deboli e così pure le capacità oculo-manuali. L’andatura può essere rigida e le posture stravaganti.
• Area dell’autonomia: devono essere sollecitati e istruiti nella cura della propria persona per far fronte alle richieste della vita quotidiana.
• Area cognitiva: il linguaggio può essere monotono e ripetitivo. Alcuni bambini possono essere molto precoci e dotati nelle abilità tecniche di apprendimento della lettura e nell’uso dei numeri e in alcuni aspetti di giochi in cui si utilizza la memoria; lo sono meno invece per ciò che riguarda la comprensione di contenuti, sia linguistici sia matematici, non legati alle loro esperienze. Hanno interessi e attività molto limitati, circoscritti e ripetitivi, che consumano una grande quantità del loro tempo. Lo sviluppo cognitivo può procedere regolarmente, anche se nel corso dell’infanzia può succedere che tutte le energie messe a disposizione del controllo e il ritiro relazionale impediscono di sviluppare appieno le abilità cognitive e di beneficiare in modo proficuo degli apprendimenti scolastici.

A che età è possibile diagnosticarla?
Al bambino può essere diagnosticata la SA in tenera età; tuttavia, può succedere che non venga riconosciuto il profondo disagio fino all’inizio dell’età scolare, poiché i sintomi possono, oltre che mimetizzarsi, essere anche negati e minimizzati dall’ambiente circostante.

Una volta diagnosticata, cosa possono fare i genitore per sostenere lo sviluppo del proprio figlio?
Una volta ottenuta la diagnosi, è possibile avere l’insegnante di sostegno e anche un assistente educatore per gli anni del percorso scolastico, le cui funzioni sono quelle di costruire un metaforico “ponte” tra il bambino e il gruppo dei pari, in modo che l’attenzione venga centrata sulla relazione, area in cui questi bambini sono carenti e di cui non possono/riescono a farne uso. Insegnante e assistente inoltre sono d’aiuto al bambino per far fronte alle richieste didattiche e di apprendimento che la scuola richiede, in modo che l’esperienza educativa non sia vissuta come un carico solo colmo di pesanti richieste e privo di piacere. Tuttavia gli interventi a scuola non sono sufficienti a modificare il complesso sistema di difese che i bambini utilizzano e che comprimono le loro potenzialità evolutive. Essi devono essere integrati con un lavoro psicoterapeutico che aiuti a comprendere ciò che in loro accade, poiché gli stati di ritiro relazionale diventano un rifugio da sofferenze insopportabili, da frustrazioni sentite come angoscianti e da delusioni patite come non elaborabili. La psicoterapia deve tener conto dell’intreccio di questi aspetti per poter accedere alla possibilità di modificare gli aspetti patologici che si manifestano in campo relazionale e individuale. Da qui si procede rimettendo in moto il processo evolutivo bloccato, ampliando le aree di interesse e riducendo le angosce che hanno operato un blocco totale della vita emotiva.

Mozart, Einstein, Newton: sarebbero molti i personaggi del passato, con intelligenza superiore alla media e un comportamento sociale bizzarro, ad aver sofferto della Sindrome di Asperger

SIMILE MA DIVERSA DALL'AUTISMO
Secondo le ultime ricerche, la Sindrome di Asperger si differenzia dall’autismo poiché non sono presenti disturbi del linguaggio. Negli studi condotti da Kanner, psichiatra tedesco che ha coniato il termine Autismo Infantile Precoce nel 1944, fu identificata una combinazione di caratteristiche “tipiche” dell’autismo: estremo isolamento fin dall’inizio della vita, incapacità di usare in modo significativo lo sguardo e il linguaggio, insistenza ansiosamente ossessiva sul mantenere un'immutabilità nelle cose.

a cura di ELENA BUONANNO
con la collaborazione della DOTT. LEONELLA BUGINI
Psicologa e Psicoterapeuta
- PRESSO PORTO DI TELEMACO SEDI TREVIGLIO, BERGAMO E CREDARO -