Inserita nei nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), intorno a questo tipo di procreazione medicalmente assistita esiste ancora molta confusione. Facciamo chiarezza con il nostro esperto. In Italia, i dati Istat ogni anno ritraggono una situazione sempre più pesante in tema di denatalità: l’ultimo rapporto sullo stato demografico del nostro Paese restituisce un quadro nel quale l’età media delle donne alla prima nascita è di 31,7 anni. Solo la Svizzera e la Spagna in Europa fanno peggio di noi, ma con tassi di natalità maggiori dei nostri.

Non solo si fa tardi il primo figlio, ma lo si lascia spesso unico: rispetto al tasso di fertilità (il numero medio di figli per donna in età fertile) l’Italia raggiunge a malapena il livello di 1,35, contro la media europea di 1,58. Le condizioni socio economiche attuali delle donne (e delle famiglie in generale) contribuiscono a determinare quadri come questo. Inoltre, da sempre, anche oggi i problemi di fertilità che affliggono alcune coppie sono questioni difficili da affrontare, perché mettono in gioco la psicologia dei partner, oltre alla loro fisicità. La fecondazione assistita, però, offre alle coppie rimedi efficaci per superare questo tipo di ostacoli. In questo ambito, negli ultimi tempi, accanto alla fecondazione cosiddetta autologa (o omologa) sicuramente più conosciuta, sempre più spesso si sente parlare anche di fecondazione eterologa.

Dottor Borini, cosa significa fecondazione eterologa?
Si parla di eterologa riferendosi ai trattamenti di fecondazione assistita nei quali si utilizzano gameti di donatori esterni alla coppia (seme, ovociti o entrambi). Molto spesso una delle paure legate a questo tipo di trattamenti ha a che fare con le garanzie di utilizzare gameti sani: quali sicurezze ci sono in merito alla salute dei donatori e, di conseguenza, di seme e ovociti utilizzati? I gameti possono provenire da banche o da donatori, selezionati sulla base di criteri stabiliti dalla legge e sottoposti a esami e valutazioni cliniche che ne assicurano l’assoluta “sicurezza” d'impiego.

A chi viene consigliato il ricorso a questo tipo di fecondazione?
Come in qualsiasi tipo di trattamento di fecondazione assistita, il percorso da seguire viene identificato dopo un’attenta anamnesi e una consulenza preliminare che la coppia riceve da un medico specializzato in medicina della riproduzione. Una volta definito il problema e quindi il percorso utile per superarlo, si avvia il trattamento, che può essere una semplice inseminazione con seme di donatore, un trasferimento di embrioni ottenuti da ovociti donati inseminati con il seme del partner, una FIVET (Fertilizzazione In Vitro) con seme donato o la doppia eterologa con seme e ovociti entrambi provenienti da donazione, a seconda dei casi. Dal punto di vista legale, poi, l’accesso a questo tipo di trattamenti è regolato dalla legge 40/04 e successive modifiche e dalle Linee Guida emanate dal Ministero della Salute, come per tutta la PMA (Procreazione Medicalmente Assistita); tutto ciò anche se ogni Regione Italiana ha regolamenti differenti che li permettono o no, in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale o meno. (ndr: in Italia, per i single e per le coppie con partner dello stesso sesso non è possibile fare ricorso alla PMA, né eterologa, né omologa).

Quali sono le principali problematiche attuali nella realizzazione di trattamenti di eterologa?
Il problema fondamentale in Italia, al momento, è rappresentato dalle scarsità di donazioni di gameti, che devono avvenire rigorosamente a titolo totalmente gratuito, nonostante il forte coinvolgimento nel percorso del donatore, e soprattutto della donatrice, sia dal punto di vista fisico sia psicologico. Oggi di fatto si utilizzano quasi esclusivamente gameti provenienti dall’estero.

Cosa accadeva prima delle modifiche alla legge 40/04 occorse nel 2014?
Le coppie si rivolgevano a centri esteri, primariamente spagnoli, ma anche greci e dell’Europa dell’Est, per una questione di contenimento costi. Il divieto di eterologa veniva aggirato tramite il cosiddetto “turismo procreativo”: si trattava di veri e propri “viaggi della speranza”: un cammino costellato di dubbi e incertezze per le coppie. Per fortuna, oggi non è più necessario. Anzi, oggi siamo in vista dell’entrata in vigore dei cosiddetti nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), che dovrebbero garantire la possibilità per le coppie di accedere anche ai trattamenti di tipo eterologo e non più solo a quelli di tipo omologo.

Quando si arriverà alla reale possibilità di fruire di questo diritto, a questo punto riconosciuto legalmente nel nostro Paese?
L’iter è complesso e dipende essenzialmente dalle Regioni; l’attuabilità della norma sancita dai Nuovi Lea dipende, infatti, dalla stesura e dal recepimento, da parte di ciascuna Regione, di regolamenti operativi che rendano possibile l’erogazione del servizio al cittadino da parte delle strutture che ospitano centri di fecondazione assistita.

QUANDO PUO' DIVENTARE UNA SOLUZIONE 
Si ricorre alla fecondazione eterologa quando uno dei due genitori è sterile e, per arrivare a una gravidanza, serve usare un gamete, un ovulo o uno spermatozoo di una terza persona cioè il donatore.

a cura di MARIA CASTELLANO
con la collaborazione del DOTT. ANDREA BORINI
Specialista in Ostetricia e Ginecologia
- Responsabile Unità di Procreazione Medicalmente Assistita Policlinico San Marco, direttore scientifico di 9.baby, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità (SIFES) -