Negli ultimi decenni si è assistito a un aumento notevole dei casi di celiachia. Le cause di questo incremento sono da ricercare da una parte nelle nuove abitudini alimentari, tra cui la diminuzione dell’allattamento al seno e l’aumento delle quantità di glutine ingerite durante il periodo dello svezzamento, e dall’altra nello sviluppo di test diagnostici sempre più sensibili e specifici. È noto che i soggetti celiaci accusino un’aumentata prevalenza di malattie autoimmuni, e viceversa in pazienti affetti da altre patologie autoimmuni è più frequente riscontrare la celiachia.

Quest’ultima, silente, si manifesta con elevata frequenza anche nei parenti di primo grado dei soggetti con malattie autoimmuni. Da qui l’importanza di valutare attentamente nei pazienti celiaci la funzione tiroidea, sia al momento della diagnosi sia durante la terapia.

Se il glutine diventa un nemico
Per prima cosa cerchiamo di inquadrare correttamente cosa sia la celiachia. Si tratta di una malattia intestinale immuno-mediata che compare in individui geneticamente predisposti, in risposta all’ingestione di farine contenenti glutine. Il glutine innesca, infatti, una complessa risposta immune avente come bersaglio ultimo la mucosa intestinale, che si traduce in lesioni della mucosa stessa in grado di causare alterazioni dell’assorbimento. La malattia è caratterizzata da infiammazione e progressiva atrofia dei villi intestinali che regredisce dopo avere eliminato il glutine dalla dieta. Sebbene il principale organo bersaglio della celiachia sia l’intestino tenue, le manifestazioni cliniche sono estremamente eterogenee e variano da paziente a paziente, a seconda dell’età d'insorgenza della malattia.

Sintomi “atipici” quando compare in età adulta
In passato la celiachia era considerata una malattia tipica dell’infanzia; tuttavia, a partire dagli anni Novanta si sta assistendo a un drastico incremento nel numero di diagnosi in età adulta. Negli ultimi 30 anni, infatti, la presentazione clinica di questa malattia si è modificata, passando da un marcato malassorbimento a una lieve sintomatologia o a quadri atipici nella vita adulta. Attualmente, i casi sintomatici e diagnosticati, rappresentano la punta visibile ed emersa del cosiddetto iceberg celiaco. Nella porzione “sommersa” dell’iceberg sono invece rappresentati i casi che sfuggono ancora alla corretta diagnosi, rappresentati in grandissima maggioranza da tutte le forme atipiche con cui la malattia può presentarsi, che non interessano necessariamente la zona intestinale come ad esempio l'anemia, malassorbimento del calcio nelle ossa e la dermatite erpetiforme.

Il legame con le patologie autoimmuni
Come evidenziato da molti studi, la celiachia ha un'elevata frequenza in alcune condizioni patologiche quali la sindrome di Down e la sindrome di Turner. Inoltre, numerose patologie al di fuori dell’apparato digestivo sono state associate alla celiachia, sia nelle forme manifeste, sia in quelle silenti. Tra queste l’associazione della celiachia con la dermatite erpetiforme è ben nota, come quella con il diabete di tipo 1, le tireopatie autoimmuni, la sindrome di Sjogren e la malattia di Addison. Negli Stati Uniti la prevalenza di celiachia nell’età adulta è stimata essere approssimativamente pari a 1 su 100 individui, mentre tale prevalenza aumenta dal 1,5 al 6,7% in soggetti affetti da tireopatie autoimmuni. Studi italiani hanno stimato una prevalenza pari al 5,4% in pazienti affetti da tireopatie autoimmuni. In Italia, in età pediatrica, la prevalenza di celiachia è pari allo 0,5%. Circa l’8% dei bambini italiani in età scolare e adolescenti con patologia tiroidea autoimmune è risultata positiva per celiachia mediante esame istologico su biopsia dei villi intestinali. La coesistenza della celiachia e della malattia tiroidea autoimmune viene spiegata in base a due ipotesi:
• la condivisione di uno o più geni responsabili della celiachia e della tireopatia;
• la determinazione della perdita della barriera intestinale dovuta alla continua esposizione al glutine con conseguente alterazione della risposta immune e possibile induzione di altri disordini autoimmuni.
Partendo da questa osservazione, sorge la questione se il trattamento della celiachia possa modificare il corso della malattia tiroidea associata. Se infatti è noto che l’eliminazione del glutine dalla dieta conferisca un beneficio nel ridurre complicanze tra cui il malassorbimento, non è invece chiarito in modo definitivo se la terapia della celiachia influisca sull’andamento della tireopatia. Quello che si sa per certo è che l’eliminazione del glutine migliora l’assorbimento della L-tiroxina in pazienti celiaci affetti da Ipotiroidismo. Al momento sono invece scarse le evidenze a supporto di un ruolo della dieta priva di glutine nella riduzione della probabilità di sviluppo di malattie tiroidee autoimmuni in pazienti affetti da celiachia. È evidente quindi che i pazienti che soffrono di celiachia e anche di patologie della tiroide debbano essere seguiti con maggiore attenzione e che in tutti i pazienti affetti da celiachia dovrebbe essere valutata la funzione tiroidea, sia al momento della diagnosi di celiachia sia durante il follow up. Specularmente, in considerazione dell’epidemiologia della celiachia e della disponibilità di test di screening relativamente economici, è opportuna l’esecuzione di tale screening in soggetti a elevato rischio: ad esempio i pazienti affetti da malattia tiroidea autoimmune.

La diagnosi
Per la diagnosi della celiachia sono importanti i test sierologici quali la valutazione degli anticorpi IgA anti-endomisio (EmA) degli anticorpi IgA anti-transglutaminasi (anti-tTG). La diagnosi può richiedere anche la conferma dell’esame istologico su biopsia della mucosa dell’intestino tenue prossimale.


a cura di GUIA VANNUCCHI
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio
- DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE ENDOCRINOLOGICHE E METABOLICHE, CONSULENTE PRESSO CASAMEDICA BERGAMO -