Portare cure, farmaci e cibo, ma sopratutto aiutare la gente del posto a costruirsi un futuro
«La mia esperienza con Change Onlus l’organizzazione sanitaria che opera nel Madagascar, è nata quasi per caso e da allora il mio impegno è quello di curare i bambini e gli adulti in una delle zone più a rischio dell’Africa. Hanno bisogno di tutto: farmaci, cure per le loro malattie endemiche come la malaria, la malnutrizione, la tubercolosi, le parassitosi intestinali e cutanee, le malattie polmonari e dell’apparato gastroenteriche oltre alle patologie oculari, odontoiatriche e

otorinolaringoiatriche». Da anni il dottor Maurizio Maggioni, noto dentista bergamasco, fa la spola con il Madagascar e ci racconta il suo legame con i pazienti malgasci. «È stato un collega ad accendere in me la fiamma. Mi ha raccontato della sua esperienza africana con “Change onlus”, fondata nel 2005 dal dottor Paolo Mazza e da una trentina di medici, in un dispensario abbandonato nell’isola di Sakatia. Sono rimasto così affascinato che ho dato subito la mia disponibilità e sono partito con 120 chili di materiale e medicinali. E da allora appena posso torno in Madagascar».

Intanto, grazie anche all’aiuto del Rotary Club di Treviglio, il dispensario abbandonato è diventato un importante centro sanitario e odontoiatrico per l’intera isola. C’è tutto, dall’unità odontoiatrica all’aspiratore chirurgico, dagli sterilizzatori al generatore di corrente, da due ultrasuoni a due portatili per le missioni esterne. Insomma un centro all’avanguardia ristrutturato e reso ancora più efficiente dopo il ciclone che l’aveva devastato nel 2009. È gestito da medici e infermieri, tutti volontari che si adoperano anche per preparare il personale medico e paramedico africano. «Dal nulla abbiamo costruito un futuro a 22 persone che lavorano con noi» spiega orgoglioso il dottor Maggioni. «Abbiamo inviato nell’isola più di trenta volontari da tutta Italia, creato un’organizzazione. E cerchiamo di abbattere la diffidenza e la barriera che i malgasci hanno verso i bianchi: quelli che hanno conosciuto con la colonizzazione. Noi cerchiamo di insegnare loro a essere autosufficienti anche se il nostro impegno non può esaurirsi subito. Ci vuole qualche anno, almeno per altri cinque dobbiamo restare lì perché se lasciamo andare le cose, come al gioco dell’oca, si torna sempre al punto di partenza. E servono altri volontari che rimangano anche più dei soliti 15 giorni. L’esperienza è interessante, ti arricchisce umanamente e professionalmente».

Tra le iniziative dell’associazione, anche il progetto “Cibo per cura” con uno screening capillare tra i bambini della regione con all’opera medici e infermieri per selezionare i bambini malnutriti che saranno oggetto delle cure dell’associazione.

«In questi mesi sono stati visitati tutti i 13 villaggi rurali attorno ad Ampefy e sono state effettuate oltre 800 viste ai bambini della zona» scrive ai soci di “Change” il presidente Paolo Mazza. «Nel frattempo gli amici di “Nutry Aid” di Torino, esperti di progetti sulla nutrizione e presenti in Madagascar con diverse iniziative, hanno formato dieci giovani sulle tecniche di identificazione e cura della malnutrizione, sull’insegnamento di coltivazioni di prodotti ad alto contenuto energetico e di oligoelementi essenziali, alle tecniche di preparazione degli alimenti e della loro conservazione».

I ragazzi della malnutrizione, come vengono chiamati, vanno nei villaggi, pesano i bimbi dai sei mesi ai cinque anni (in un villaggio su 70 bambini esaminati 3 sono risultati malnutriti gravi, 11 malnutriti lievi e 6 a rischio). E in queste zone insegnano anche alle mamme come cucinare i pochi prodotti che hanno. Quello dell’alimentazione, associato alla mancanza di igiene e alla scarsa educazione sanitaria, è uno dei più grossi problemi del Madagascar la cui economia è basata sull’agricoltura, sull’allevamento del bestiame e sull’artigianato. Ma l’alimentazione è povera e poco diversificata: i contadini infatti mangiano principalmente riso rosso per tutti e tre i pasti della giornata utilizzando l’acqua di cottura come bevanda. «L’alimentazione poco varia è causa di un elevato tasso di denutrizione soprattutto infantile» spiega ancora il dottor Mazza. «L’aumento della produzione di riso, cereale che fornisce calorie ma non molte proteine e vitamine, non potrebbe essere l’unica misura per risolvere la situazione di malnutrizione cronica e la povertà. È dunque fondamentale, oltre all’incremento della produzione di riso e cereali, far comprendere l’importanza dell’adozione di uno stile alimentare vario ed equilibrato basato sul consumo di tutti i prodotti locali. Ciò costituirebbe l’unica vera soluzione per arginare le patologie connesse alla malnutrizione e rilanciare l’economia locale».

Ed è quello che sta facendo Change Onlus con un dettagliato progetto a cui ognuno di noi può contribuire.

Un paese tra turismo e tanta povertà
Il Madagascar è un’isola dell’Africa sud orientale a circa 400 chilometri dal Mozambico ed è popolata da 19 milioni di abitanti distinti in 18 gruppi etnici tra i quali i Merina di origine indonesiana che fondarono la capitale Antananarivo e dominarono l’isola per circa un secolo sostituiti poi dal colonialismo francese. Nel 1960 ottiene l’indipendenza, rovesciata nel 1972 da un colpo si stato militare. Oggi, dopo alterne vicende e colpi di stato, è un Paese poverissimo, nonostante il turismo, e con gravi problemi economici, sociali e sanitari. Oltre il 70 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà con una speranza di vita di circa 57 anni. La mortalità infantile è molto alta:115 bambini morti ogni 1000 nati vivi. E vi sono ancora malattie scomparse in Italia come la lebbra, la meningite, il colera, la febbre gialla.

a cura di LUCIO BUONANNO