Quando è il momento giusto, durante i tre lunghi mesi estivi, per far fare ai figli i compiti? Come conciliare gli impegni scolastici e il necessario riposo? Sono tante le domande che mamme e papà, ogni estate, si pongono davanti a libri e quaderni delle vacanze. Ne parliamo con la dottoressa Leonella Bugini, psicologa. «Essere bambini e ragazzi che frequentano la scuola oggi non è una condizione semplice e naturale come si potrebbe pensare» mette in guardia la dottoressa.

«Il culto della performance fa sì che i ragazzi abbiano spesso due, tre, quattro attività settimanali extra scolastiche che riempiono ogni momento libero, in una corsa affannosa che lascia senza pensieri. In questa cultura del fare, lo spettro dell’inattività del proprio figlio nutre l’angoscia dei genitori incapaci di tollerare il non far nulla e i momenti di vuoto del bambino che invece favorirebbero l’arrivo di pensieri personali e riflessioni sul mondo e sul Sè. Trarre beneficio dallo scorrere delle lunghe giornate estive è il sogno di molti piccoli studenti, presi dai lacci di mille impegni scolastici e quotidiani che li costringono a essere sempre in movimento e in attività. Ecco perché compiti sì, purché lascino spazio anche al meritato e indispensabile riposo e perché no all'ozio».

Dottoressa Bugini, qual è innanzitutto la funzione delle vacanze?
Le vacanze estive arrivano dopo un lungo periodo di lavoro scolastico e di studio. Sono un tempo per riposare, giocare e per assimilare le nozioni apprese. La somma delle vacanze scolastiche in tutti i Paesi europei è la stessa, tuttavia suddivisa diversamente in ogni nazione. In Italia le settimane di sospensione scolastica si concentrano per buona parte nel periodo estivo ed è consueto che gli insegnanti diano compiti e libri da leggere.

Questo nonostante il dibattito che ogni anno si ripropone sull’utilità dei compiti delle vacanze. Ma i compiti delle vacanze servono davvero o no?
I compiti hanno una funzione importante affinché i bambini e i ragazzi non rimangano digiuni del nutrimento del sapere. Inoltre sono anche un rimando prezioso per i genitori che si possono rendere conto di ciò che un bambino di quella determinata età deve conoscere. Certo sono necessari una certa regolarità, disciplina e metodo, sono esercizi che comportano impegno e fatica. Svolti con continuità, però, mettono gli alunni di fronte alla capacità di sviluppare costanza nel portare a termine un lavoro. Inoltre questi allenamenti hanno lo scopo di ripassare e consolidare le conoscenze apprese in un anno scolastico; il lavoro personale ha come finalità l’acquisizione, la memorizzazione, l’elaborazione di quanto è stato affrontato in classe. Per i ragazzi della scuola secondaria inferiore i compiti favoriscono la scoperta e l’uso di un metodo per imparare una lezione, rivedere e controllare la correttezza di un elaborato, fare delle sintesi, preparare un’esposizione orale, competenze che sono decisive per la riuscita scolastica. Per i più piccoli, se tra i compiti delle vacanze c'è anche la lettura di uno o più libri il genitore per trasformare questo compito in un passatempo offrendo dei libri piacevoli, ricchi di immagini che favoriscono il piacere della scoperta e la curiosità. Per i ragazzi, avere un tempo da dedicare alla lettura è indispensabile per conoscere argomenti nuovi in modo autonomo e individuale e ampliare il proprio bagaglio lessicale. È un’attività che sviluppa la capacità di concentrazione e di riflessione e che favorisce il processo di maturazione.

Per alcuni bambini e ragazzi, però, i compiti sono una vera e propria tortura e spesso diventano fonte di tensione con i genitori. come affrontarli nel modo giusto?
I bambini che non hanno difficoltà scolastiche si organizzano liberamente, con metodo e i compiti vengono completati ed eseguiti in modo autonomo senza problemi né angosce. In molte famiglie, invece, il tempo dei compiti scolastici è sinonimo di stress e il vissuto potrebbe essere di una vera e propria punizione collettiva. Può succedere che i genitori perdano il controllo, la pazienza e abbiano comportamenti svalutanti nei confronti dei figli, caricando l’atmosfera di angoscia. Oppure genitori che si sostituiscono ai figli per accelerare il lavoro, impedendo loro di fare esperienza, di mettersi alla prova. In questi casi, per gli allievi un po’ più fragili è necessaria la presenza di una persona diversa dai genitori, che dia un contributo organizzante con un sostegno concreto e tangibile. Il rientro a scuola sarà preso maggiormente sul serio e il bambino sarà più preparato. Il bambino avrà sperimentato il fare i compiti in un’atmosfera positiva, di fiducia e di riuscita. Per favorire la naturalezza del fare i compiti, inoltre, deve poter sperimentare una dose di curiosità nella scoperta e conoscenza della realtà circostante in modo che diventi competente e si muova con scioltezza all’interno delle varie materie. L’apprendimento non è un processo che avviene in modo lineare per tutti. Bisogna tenere conto dell’intera personalità e dell’ambiente in cui il bambino vive, del sostegno che l’ambiente fornisce, delle insicurezze, delle paure, delle difficoltà che nel percorso evolutivo va a incontrare.

E per quanto riguarda i tempi: meglio un po’ durante tutte le vacanze o concentrati verso la fine, dopo essersi riposati? 
La condizione ideale durante la pausa estiva, sarebbe che il bambino stesse un mese senza che gli vengano nominati i compiti. Tre o quattro settimane prima del rientro possono invece essere dedicate alla pianificazione della stesura dei compiti. Si può pensare a un’ora al giorno, secondo l’età, per esempio la mattina dopo la colazione e poi per tutto il giorno non se ne parlerà più. Anche il poter fare i compiti con un gruppetto di amici favorisce lo sviluppo del senso di solidarietà, collaborazione e socializzazione nonché la condivisione del lavoro. L’ultima settima di vacanza poi bisognerà fare in modo di regolare i ritmi delle giornate in modo da essere pronti per la ripresa scolastica.

 

ATTENZIONE AL MITO DEL FIGLIO IDEALE
La fantasia della riuscita scolastica, del successo ha la sua origine nel mito contemporaneo del bambino perfetto, vissuto dai genitori come un prolungamento narcisistico di Sé. Nei genitori, quello che traspare e appare è il voler un bambino bello, intelligente sempre in attività, che ha sulle spalle la tacita missione di riparare e compensare ciò che i genitori non hanno potuto realizzare. Le insoddisfazioni dei genitori finiscono per “rovesciarsi” sul bambino, che così idealizzato, è caricato di aspettative che gli impediscono di scoprire e agire secondo il proprio sentire, poiché deve convogliare la propria energia vitale al servizio dell’altro. Immaginare il bambino come un attore all’interno del contesto di apprendimento, sostenuto dalla naturalezza e dalla capacità di fare collegamenti tra i vari insegnamenti, gli permette di padroneggiare il sapere in modo unitario e soddisfa il suo “sentire” che sta crescendo padroneggiando il mondo in modo attivo.

a cura di ELENA BUONANNO
Illustrazione Laura Pagnoncelli
Ha collaborato DOTT.SSA LEONELLA BUGINI
Psicologa e Psicoterapeuta
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