È un problema estetico ma non solo. Rovina le mani rendendole più tozze e “disordinate”, ma le espone anche al rischio di fastidiose e dolorose infezioni. Parliamo dell’onicofagia, ovvero l’abitudine di mangiarsi le unghie. Un vizio che non riguarda solo bambini e adolescenti ma anche molti adulti, in particolare donne, e tende a peggiorare in periodi di stress. Secondo le stime, a mangiarsi le unghie sarebbero infatti il 28% dei bambini fra i 7 ed i 10 anni, il 44% degli adolescenti, il 19-29% dei giovani adulti, il 5% fra gli anziani. Come è possibile liberarsi da questa cattiva abitudine? Esistono strategie efficaci? E una volta smesso di rosicchiarle, torneranno come prima? Lo abbiamo chiesto al professor Antonino Di Pietro, dermatologo.

I danni? Alle unghie, alla pelle e alla bocca
«Chiamarlo vizio è riduttivo. Sono molti infatti i danni, anche permanenti, che si possono provocare alla salute delle unghie. Innanzitutto, soprattutto se non ci si limita a mangiare le unghie ma si tormentano anche le cuticole, cioè le pellicine, e i tessuti intorno all’unghia, si determina una “ferita” cronica alla matrice dell’unghia (ossia la parte responsabile della crescita dell’unghia) che si manifesta con alterazioni di superficie e di colore dell’unghia» spiega il professor Di Pietro. Talvolta, soprattutto nel bambino, l’unghia presenta piccole chiazze bianche che migrano con la crescita della lamina (leuconichia puntata). La leuconichia è dovuta al fatto che la matrice dell’unghia danneggiata dal trauma, produce un’unghia parzialmente immatura e non completamente cheratinizzata. «Inoltre la rimozione delle pellicine fa sì che la matrice non sia più sigillata e quindi molto più esposta a infezioni batteriche. Infezioni frequenti sono anche quelle che colpiscono le pieghe tra l’unghia e la pelle, il cosiddetto “giradito” e le verruche intorno all’unghia». E non è tutto. Mettere continuamente le dita in bocca favorisce il trasporto continuo di batteri, virus e funghi dalle mani alla bocca, oltre a danneggiare lo smalto dei denti.

I trucchi per smettere: dallo smalto amaro al diario
Insomma è chiaro: smettere non è anche ma non solo una questione estetica. Come fare allora? Nei bambini a volte può bastare utilizzare appositi smalti particolarmente amari. Più complesso invece è negli adulti, nei quali il vizio spesso è spia di problemi di ansia. «In questo caso, oltre a smalti amari o olii essenziali dal sapore e odore sgradevole (ad esempio quello di Tea Tree), possono essere prescritte sostanze usate nel trattamento di disturbi compulsivi, in grado di aiutare a tenere sotto controllo situazioni di stress. È comunque sempre opportuno consultare uno specialista neurologo o psichiatra prima di assumerle» suggerisce il dermatologo. «Oltre a questo, nelle donne può aiutare applicare unghie finte o ricostruire le proprie con il gel. Utile è anche tenere un diario sul quale annotare tutte le volte che si sente l’impulso irrefrenabile di mangiarsi le unghie». Mettere nero su bianco cosa si stava facendo o provando in quel momento aiuta a comprendere meglio cosa innesca il desiderio, noia, nervosismo o altro, e a “prendere tempo” vincendo così la tentazione. Alcune ricerche suggeriscono anche di indossare un braccialetto al polso, una sorta di segnale visivo che renda consapevoli prima di compiere il gesto e ricordi che si vuole smettere. Spesso infatti, come succede con altre forme di dipendenza, si è “vittime” di automatismi e di riflessi non del tutto consci. Altri invitano invece a dedicarsi a degli hobby: giardinaggio, decoupage, origami. Si può scegliere quello che si preferisce: l’importante è tenere le mani occupate.

Sei mesi e tante “coccole” per tornare normali
Ma una volta che si è riusciti a smettere, le unghie torneranno mai normali? Sì, anche se ci vuole tempo. «I danni durano almeno sei mesi. Il ricambio di un’unghia della mano richiede 6 mesi (di un’unghia del piede un anno e mezzo). Tendono però a crescere più fragili. Per questo vanno curate con maggiore attenzione (vedi box) in modo da aiutarle a rinforzasi» continua il professor Di Pietro. Come? Innanzitutto con l’aiuto dell’alimentazione. «Una dieta varia ed equilibrata fornisce tutti gli elementi di cui anche le unghie hanno bisogno: proteine (carne, legumi, pesce, uova, latticini); vitamine A, B, C e minerali (calcio, ferro e zinco), presenti in buone quantità nei diversi tipi di frutta e verdura; vitamina E che si trova in particolare nell’olio extravergine d’oliva spremuto a freddo e nella frutta secca, come mandorle e noci» suggerisce l’esperto. Utili possono essere poi anche gli integratori, sotto forma di capsule da assumere via orale oppure sotto forma di smalti idrosolubili o olii da mettere direttamente sulle unghie un paio di volte a settimana. «Questi ultimi contribuiscono a “nutrire” le unghie rese fragili da anni di rosicchiamenti con complessi multivitaminici (selenio, silicio, urea etc.) o sostanze come il pantenolo e la jojoba. Tra gli integratori alimentari, invece, i più comuni sono gli aminoacidi solforati (cistina, arginina, treonina) che costituiscono naturalmente l'unghia; oligoelementi come zinco, selenio, silicio, ferro e calcio; vitamine A, C, E; omega 3 e la biotina. Quest'ultima, in particolare, è detta vitamina dei capelli e delle unghie: non solo migliora le unghie, ma ne accelera la crescita». Fondamentale, infine, è rispettare alcune regole per una corretta manicure. «È importante tagliare le unghie regolarmente con forbici dedicate o tronchesini. Attenzione però: l’ideale è tagliare l’unghia quadrata, ma arrotondata agli angoli, evitando di scollarla o scalfirne la superfice per non creare un varco a eventuali germi. Per la limatura, invece, meglio usare la lima di cartone al posto di quella in metallo, più aggressiva. Importante, poi, è non rimuovere le cuticole, la pellicina che protegge le unghie: basta ammorbidirle in acqua o con gli appositi prodotti e spingerle indietro con un bastoncino di legno morbido (arancio, betulla o rosa) dalla punta arrotondata. Infine, per rimuovere lo smalto, bisognerebbe privilegiare un solvente povero di acetone, che disidrata e indebolisce» conclude il professor Di Pietro.

 

Il GIRADITO
Chiamato in termini medici patereccio, è una malattia infettiva che interessa la pelle ed è caratterizzata da un’infiammazione talvolta dolorosa, che colpisce le parti molli delle dita, sia dei piedi sia delle mani. In genere compare intorno all’unghia; più raramente, invece, sul polpastrello. Nella maggior parte dei casi è causato da un batterio chiamato Streptococcus pyogenes, altre volte i responsabili possono essere funghi, come la Candida albicans, oppure virus, come l’Herpes simplex. Questi microrganismi normalmente presenti sulla pelle non danno alcun disturbo fino a quando non penetrano nell’organismo da una piccola lesione come quelle provocate dall’abitudine di mangiare unghie e pellicine o anche da manicure troppo aggressive. Se colpisce l’unghia, la pelle diventa tesa, la zona intorno all’unghia s’infiamma, si arrossa e si gonfia. Se invece colpisce il polpastrello, lo stesso diventa particolarmente gonfio e arrossato, si avverte un senso di pulsazione all’interno del dito, come se “battesse” oppure fosse punto da numerosi spilli. In entrambi i casi possono essere utili garze imbevute di disinfettanti e creme antibiotiche.

A cura di GIULIA SAMMARCO
ha collaborato con il PROF. ANTONINO DI PIETRO
Specialista In Dermatologia
- DIRETTORE DELL'ISTITUTO DERMOCLINICO VITA CUTIS PRESSO CORPORE SANO SMART CLINIC STEZZANO -