L’Europa chiede di accettarlo tra i banchi dei nostri supermercati. Certo è meno pregiato, ma non rischioso per la salute.
La Commissione europea a fine maggio ha inviato una lettera al nostro Governo chiedendo la fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari così come previsto dalla Legge n° 138 del 1974. Questo perché Bruxelles vede nella norma una restrizione alla “libera circolazione delle merci sul suolo comunitario”. In sostanza viene richiesto all’Italia di consentire la produzione di quelli che Coldiretti chiama i cosiddetti “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere e contemporaneamente viene richiesto di aprire il nostro mercato ai “formaggi senza latte” provenienti dall’estero.

L’Italia, dal canto suo, punta a difendere i propri formaggi attraverso la qualità delle materie prime anche se la politica della qualità prevede disposizioni ad hoc per la protezione delle denominazioni di origine protetta (Dop) e delle indicazioni geografiche (Igp). La nostra provincia, con i suoi 9 formaggi DOP - Denominazione di Origine Protetta, primeggia in Italia grazie a prodotti come il Formai de Mut, il Taleggio, il Bitto, il Grana Padano, il Gorgonzola, il Quartirolo Lombardo, il Provolone Valpadana, il Salva Cremasco e lo Strachitunt. Qualora intervenisse una nuova regolamentazione comunitaria sostanzialmente anche nel nostro Paese potrebbero essere commercializzati e venduti formaggi e prodotti lattiero caseari prodotti anche con il latte in polvere. È bene però tranquillizzare su un aspetto, ovvero la loro sicurezza in termini di salute.

«Da tutto questo non deriva alcun rischio sanitario o per la salute dei cittadini in quanto il latte in polvere non rappresenta un pericolo per la salute dei cittadini» sottolinea Paolo Antoniolli, direttore del Dipartimento di Prevenzione Veterinario dell’ASL Bergamo. «Si tratta di latte che è stato sottoposto ad un procedimento di evaporazione ed essiccamento e che quindi ha perso, ovviamente, la caratteristica di fresco. Per fare un esempio, il latte di molti biberon con i quali si allattano i neonati è ottenuto miscelando polvere di latte, opportunamente lavorata e acqua; lo stesso prodotto è molto utilizzato nell’industria dolciaria. Quindi non esiste un rischio sanitario».

Il consumatore quindi, specie in tempi di crisi economica, può privilegiare un prodotto qualitativamente inferiore, ma sanitariamente ineccepibile, a fronte di un costo minore rispetto a un prodotto più pregiato ottenuto esclusivamente con l’utilizzo di latte fresco. L’importante è che la sua sia una scelta consapevole. A questo proposito è bene ricordare che dallo scorso dicembre è entrato in vigore il “nuovo” regolamento europeo sull’etichetattura dei prodotti alimentari. Leggere l’etichetta di ogni prodotto acquistato, entrando nel dettaglio delle informazioni presenti, obbligatorie o facoltative, è fondamentale quale elemento a garanzia del consumatore.

Più informazioni sulle etichette per scelte più consapevoli
Il nuovo Regolamento dell’Unione Europea FIAC, entrato in vigore nel 2011, ma obbligatorio dallo scorso 13 dicembre, rappresenta un vero spartiacque all’interno di un percorso di educazione alimentare che coinvolge sempre più il consumatore, conferendogli un ruolo di consapevolezza all’interno della filiera alimentare. Le informazioni obbligatorie sull’etichettatura saranno più chiare e trasparenti. Gli elenchi degli ingredienti contenuti nei preparati saranno completi. Le sostanze a rischio di allergie o intolleranze evidenziate. La dichiarazione nutrizionale dettagliata, che diverrà obbligatoria dal 2016, completerà poi il quadro. Grazie alle sue informazioni sarà possibile valutare il cibo anche in termini di apporti nutrizionali conferiti al nostro organismo. Tuttavia, pur non essendo ancora obbligatoria, è già possibile imbattersi in tale informativa su alcuni prodotti preconfezionati. È bene allora sapere che dovrebbe comprendere per norma i seguenti elementi: il valore energetico, la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Inoltre, la dichiarazione nutrizionale obbligatoria potrà essere completata dall'indicazione delle quantità di uno o più dei seguenti elementi: acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, polioli, amido, fibre alimentari, vitamine e sali minerali. Le vitamine e i sali minerali potranno però essere indicati se presenti in quantità significative.

a cura di ASL BERGAMO