Sono tra i sentimenti più “antichi” e radicati nella nostra psiche. Nella giusta misura, rappresentano fattori evolutivi importanti, se eccessivi però possono diventare dei “blocchi” che generano sofferenza e dolore. Parliamo della vergogna e del senso di colpa, due emozioni molto comuni, riscoperte e rivalutate da psicologi e psichiatri negli ultimi decenni per il loro ruolo nello sviluppo della personalità e delle relazioni sociali che però possono rovinarci la vita.

Ma come si definiscono? In quale momento della vita e in quali circostanze si manifestano? Quali effetti hanno? E come possiamo liberarcene o almeno renderle “costruttive”? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Sofia Raffa, psicologa.

Dottoressa Raffa, come si possono definire la vergogna e il senso di colpa?
La vergogna può essere definita come un senso di turbamento, una reazione e allo stesso tempo un segnale avvertito dalla persona che ha ricevuto, o presunto di ricevere, un’umiliazione. Ci si può vergognare di qualsiasi cosa, anche della vergogna stessa, ma l’essere esposti all’osservazione di un altro, in un proprio fallimento, è una condizione comune del provare vergogna. Si potrebbe dire che ci si vergogna di fronte agli altri perché ci si vergogna di fronte a se stessi, quando si soppesano i propri errori o le proprie mancanze. Il senso di colpa, invece, è una risposta alla constatazione di aver trasgredito una norma (o le aspettative che gli altri hanno nei nostri confronti) o causato un danno ad altri con un’azione o con la sua omissione, assumendone la responsabilità. Ci si può sentire in colpa anche senza aver intenzionalmente danneggiato un altro, ad esempio per aver avuto pensieri malevoli, per le sofferenze che una persona a noi cara sta subendo a causa nostra oppure anche perché si è più fortunati rispetto ad altri.

Che conseguenze possono avere sul benessere psicologico di chi lE prova?
Una delle conseguenze più evidenti della vergogna, probabilmente legata a un’elevata attivazione fisiologica, è il rossore. Inoltre colui che si vergogna spesso abbassa il capo, gli occhi, si curva, come per farsi piccolo e per evitare di essere guardato dagli altri. Alcune persone vorrebbero sparire, altre si sentono bloccate e irrigidite e altre ancora vivono la sensazione di essere spogliate, violate nella propria privacy. Se portata all’eccesso, finisce per associarsi ad alcuni atteggiamenti patologici, come la costante preoccupazione di come si appare agli altri e il vivere il confronto in modo persecutorio. Nei casi estremi può anche portare a sviluppare una vera e propria fobia sociale, cioè ad avere paura dei rapporti sociali fino a ridurli drasticamente. Benché associata a sensazioni negative, la vergogna però esiste perché ha un valore adattivo: ci permette di renderci conto della differenza tra noi e gli altri, ci fa prendere coscienza di noi stessi e regola i rapporti sociali. La possibilità di pensare la vergogna come un’emozione positiva, ovviamente, dipende dall’intensità con cui viene vissuta. La stessa “ambivalenza” caratterizza anche il senso di colpa, al quale diversi psicologi hanno assegnato un ruolo fondamentale sia nello sviluppo della moralità sia nella genesi di disturbi mentali. Da un lato, alla base di questa emozione c’è l’empatia, che porta a concentrare l’attenzione sull’altro, permette di sviluppare una condotta socialmente responsabile e rende possibile l’instaurarsi di relazioni interpersonali durature. Dall'altra parte il senso di colpa può diventare cronico e si tende a provare rimorso e rammarico in modo continuo, indipendentemente dalle circostanze. È interessante notare che, a differenza della vergogna, quando proviamo senso di colpa siamo più portati a formulare pensieri o mettere in atto delle azioni che ci portano a riparare al danno inflitto. Questa forma di senso di colpa, che viene definita predisposizionale, si manifesta in circostanze specifiche e appropriate.

Alcune persone sembrano essere “intoccabili” da questi sentimenti.
Da cosa dipende il provare in modo più o meno intenso queste emozioni?
Già nel corso dal secondo anno di vita, si manifestano differenze individuali in una predisposizione a provare vergogna o senso di colpa. Queste differenze saranno presenti a ogni età e sono legate sia al temperamento del bambino, sia alle pratiche educative che gli adulti adottano nei suoi riguardi. Ci sono bambini con un temperamento più difficile, che provano vergogna in modo più intenso, ma sembra che siano le valutazioni date dagli adulti di riferimento che influenzano maggiormente la sua personalità, in particolare in passaggi di vita significativi e di cambiamento, come quando il bambino comincia a sviluppare le proprie autonomie o nel corso dell’adolescenza. Genitori che di fronte a un errore del figlio, tendono a dare giudizi dicendogli ad esempio “Sei un buono a nulla!”, lo umiliano o lo minacciano di privarlo del loro affetto, lo portano a valutare se stesso in termini generali e quindi a provare vergogna, a sentirsi inadeguato e a sviluppare scarsa fiducia in se stesso. I genitori invece dovrebbero aiutare i figli a sviluppare il senso di colpa predisposizionale spiegando che il loro comportamento ha danneggiato qualcuno e suggerendo delle azioni riparative. Il rimprovero non deve essere concentrato sul bambino, ma sull’azione compiuta. Il bambino, in questo modo, interiorizza la situazione, le regole e la reazione del genitore e sarà in grado, in futuro, di mettere in atto comportamenti corretti.

4 modi per sentirti più leggero
1. Riconosci il tipo di senso di colpa

Esistono sensi di colpa “sani” e sensi di colpa “non sani”. I primi sono giustificati e ti aiutano a crescere (ad esempio quando con il proprio comportamento si ha danneggiato altre persone o se stessi), gli altri invece non sono razionali (come, ad esempio, sentirsi in colpa di fronte alla malattia o alla morte di una persona cara) e ti fanno solo stare male.

2. Rimedia al tuo errore
Se ti senti in colpa per un’azione specifica, chiedi scusa e cerca un modo di rimediare il prima possibile. Ma non autopunirti: non serve né a te né a chi hai danneggiato o ferito.

3. Accetta di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma vai avanti
Se hai sbagliato accetta che non puoi cambiare il passato e che sei umano e quindi non perfetto. Poi però guarda avanti, senza farti ossessionare dal senso di colpa.

4. Impara dai tuoi errori
Trasforma il senso di colpa in un sentimento non distruttivo ma “costruttivo”, facendo tesoro dell’esperienza, seppur dolorosa, per non ripetere gli stessi errori. 
Se ad esempio hai detto qualcosa di spiacevole a una tua amica, la prossima volta ricordatene e pensa di più prima di parlare.

Emozioni sociali
Hanno origine dal confronto tra un proprio comportamento e le norme sociali. Si iniziano a provare a partire dai due anni, quando il bambino inizia a utilizzare il linguaggio, a confrontarsi con gli altri e a prendere così consapevolezza di sé.

a cura di MARIA CASTELLANO

ha collaborato la DOTT.SSA SOFIA RAFFA
Psicologa e Psicoterapeuta
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