Aumenta la richiesta di assistenza a domicilio

L'invecchiamento della popolazione, di cui abbiamo accennato anche nella rubrica “Attualità”, porta con sé la cronicizzazione delle malattie e una maggiore richiesta di assistenza non solo medica ma anche sanitaria in senso lato.

I dati parlano chiaro: secondo il Censis in Italia gli anziani che usufruiscono di assistenza domiciliare integrata (ADI) sono passati da poco più di 200mila nei primi anni 2000 a oltre 532mila nel 2012, cioè dal 2,1% della popolazione anziana (persone con 65 anni e oltre) al 4,3%. «Quello dell’assistenza domiciliare è un tema di grande attualità» dice Beatrice Mazzoleni, presidente IPASVI Bergamo. «E lo diventerà sempre di più nel futuro, considerato da un lato l’allungamento dell’aspettativa di vita e dall’altro le difficoltà che, nella società odierna con nuclei familiari sempre più ristretti, le famiglie hanno nel prendersi cura e assistere i propri cari quando non sono più autosufficienti».

Ma cosa si intende per assistenza domiciliare integrata?
Si intende l’intervento (totalmente gratuito per quanto riguarda le prestazioni strettamente sanitarie), a domicilio del paziente, di professionisti sanitari (medici, infermieri, terapisti della riabilitazione), personale addetto all’igiene del paziente (ASA/OSS) e altri operatori sanitari secondo un piano di cura personalizzato (Piano di Assistenza Individuale - PAI). Questo servizio assicura alle persone fragili (anziani e disabili, in primo luogo, ma non solo) assistenza socio-sanitaria adeguata alle loro condizioni di salute con l’obbiettivo di evitare e/o rallentare l’allontanamento dai propri cari: erogando prestazioni a domicilio ci si prende cura della persona fragile direttamente a casa, vicino ai suoi cari, dove può mantenere le sue abitudini personali e il legame con l'ambiente familiare.

Chi può accedervi?
Le persone in situazioni di fragilità (momentanee o durature), senza limitazioni di età o di reddito, caratterizzate dalla presenza di:
• una situazione di non autosufficienza parziale o totale di carattere temporaneo o definitivo;
• una condizione di non deambulabilità e di non trasportabilità presso i presidi sanitari ambulatoriali.

Frequente è ad esempio la richiesta di ADI in seguito a gravi fratture negli anziani, in casi di malattie acute temporaneamente invalidanti nell’anziano (per esempio forme acute respiratorie), in seguito a dimissioni protette da strutture ospedaliere, in presenza di piaghe da decubito etc.

Qual è l’iter per attivarla?
Le cure domiciliari vengono attivate dal Medico di Assistenza Primaria (ex medico di famiglia) solamente in presenza di un bisogno sanitario di pertinenza infermieristica, riabilitativa o specialistica e si concludono quando vengono raggiunti gli obiettivi previsti nel Piano Assistenza Individuale (PAI) o in seguito a trasferimento, ricovero permanente (in una struttura residenziale) o decesso della persona da assistere. Per avviare questo percorso il medico illustra al paziente e/o ai suoi familiari la tipologia assistenziale che vuole attivare, li informa dell'erogazione dell'assistenza attraverso i soggetti accreditati nel distretto, dei quali consegna l'elenco, e li invita a scegliere quello che effettuerà il servizio. La richiesta poi viene inoltrata al distretto ASL di appartenenza. Ad ogni nuovo assistito è garantito l’intervento e l’avvio dell’ADI prescelti dal medesimo, entro 24 ore per i casi critici (segnalati dal Medico di Assistenza Primaria con urgenza), entro 72 ore per tutti gli altri casi. Il coordinatore del Servizio ADI verificherà personalmente i bisogni assistenziali del paziente stabilendo il numero di accessi utili a soddisfare i bisogni di cura, assegnando a seconda della complessità assistenziale tutte le figure professionali necessarie con personale qualificato, nel rispetto di quanto stabilito dalla linee guida per l’erogazione dell’ADI dell’ASL di Bergamo. L'infermiere o il fisioterapista, poi, concorderà con il Medico di Assistenza Primaria, con il paziente e i suoi familiari il Piano Assistenziale Individuale. Nel caso di un peggioramento delle condizioni dell'assistito, il Medico di Assistenza Primaria può proporre un aumento del numero di accessi, da concordare con il medico di distretto, mentre in caso di miglioramento delle condizioni del paziente, potrà autonomamente decidere di ridurre il numero degli accessi senza necessità di comunicarlo al Referente di Distretto. Ogni variazione, quindi, deve sempre essere concordata con il Medico di Assistenza Primaria che è il responsabile clinico del paziente e, di conseguenza, del Piano di Assistenza.

Che tipo di prestazioni, in concreto, vengono fornite ai pazienti?
Le prestazioni sono molto varie, così come vari possono essere i bisogni del paziente. Possono essere infermieristiche, come prelievi del sangue, medicazioni di piaghe o ferite, sostituzione di cateteri vescicali, gestione di sondino naso gastrico, terapie infusionali, assistenza a malati terminali (in accordo con il medico palliativista, cioè lo specialista che si occupa della terapia del dolore in fase terminale) o complessi; socio-assistenziali, per dare sollievo alla famiglia, come igiene e cura della persona, aiuto domestico e preparazione dei pasti, disbrigo di pratiche burocratiche e altre commissioni esterne, rapporti con l'Azienda Sanitaria Locale e il medico curante, accompagnamento per commissioni esterne; fisioterapiche (il medico fisiatra concorda un progetto riabilitativo individuale con il fisioterapista); di sostegno psicologico.

UNA RETE PER I MALATI ONCOLOGICI
L’ASL della Provincia di Bergamo d’intesa con l’A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo (ora Papa Giovanni XXIII), l’Associazione Cure Palliative e la Lega Contro i Tumori di Bergamo hanno costituito il Gruppo Operativo per l’organizzazione e la gestione delle Cure Palliative Domiciliari per pazienti terminali, costituite da una serie di interventi terapeutici e assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale, di malati la cui patologia di base non risponde più a trattamenti specifici. 
Il loro ruolo inizialmente è di solo trattamento dei sintomi (ad esempio il dolore), per diventare poi l’unico intervento medico solo quando il paziente si trova in fase terminale, le terapie curative vengono sospese e non vi sono terapie efficaci per prolungare la vita. La rete di cure palliative, coordinata dalla ASL di Bergamo, è composta da 6 hospice, 2 sanitari e 4 socio-sanitari, per un totale di 66 posti letto, un servizio di ospedalizzazione domiciliare per i malati oncologici erogato dall’hospice dell’A.O. Papa Giovanni XXIII che assiste ogni anno circa 120 malati e l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) che assiste circa 2.600 malati all’anno in cure palliative. Il servizio domiciliare può essere attivato dal Medico di Assistenza Primaria e dal medico ospedaliero oncologo.

a cura di VIOLA COMPOSTELLA

HA COLLABORATO BEATRICE MAZZOLENI
- PRESIDENTE collegio Ipasvi bergamo -