Malattie, fallimenti, cambiamenti ma anche oggetti specifici come ragni o serpenti. Sono tante e diverse le “fonti” che possono scatenare la paura in ognuno di noi.
Un’emozione forte che a volte può paralizzare o spingere a comportamenti irrazionali. Ma non sempre. In alcuni casi infatti può trasformarsi anche in una spinta positiva.

Pensiamo, ad esempio, alla paura di ammalarci: se “vissuta” nel modo corretto può aiutarci ad essere più costanti e motivati nel seguire uno stile di vita sano per limitare i rischi. «La paura è un’emozione, al pari della felicità, della sorpresa, della rabbia, della tristezza. Tuttavia, è una delle emozioni più biasimate: ciascuno di noi tende a considerarla un evento negativo e spiacevole, un ostacolo, dimenticando la sua importantissima funzione cosiddetta adattiva» spiega la dottoressa Maria Rita Milesi, psicologa e psicoterapeuta. «La paura, infatti, è un segnale di allarme che ci consente di reagire a una situazione di pericolo. La rapida attivazione di particolari strutture cerebrali (in particolare il sistema limbico), stimola, tra gli altri, il sistema cardiovascolare: il cuore batte più rapidamente e il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, come quelli delle gambe, rendendo così più facile l’attacco o la fuga. Viene sollecitata la secrezione di ormoni, che mettono l’organismo in uno stato generale di allerta, preparandolo all’azione e fissando l’attenzione sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore. Nel processo evolutivo, dunque, la paura riveste un’importanza particolare, poiché più di ogni altra emozione è essenziale per la nostra sopravvivenza. Più che eliminarla, quindi, bisognerebbe imparare a gestirla».

 

Un sentimento contagioso
La paura è contagiosa, poiché l’uomo vive in gruppo: se qualcuno percepisce una minaccia, la trasmette agli altri. «Spesso l’allarme che scatta, invece di essere elaborato allo scopo di trovare una soluzione adeguata per fronteggialo, si trasforma in panico incontrollabile (pensiamo a cosa succede nel caso di un incendio in uno spazio chiuso e affollato)» continua l’esperta. «Nella massa l’emotività diviene intensa, aumenta la suggestionabilità, le valutazioni diventano superficiali. Basti pensare a quanto timore (spesso ingiustificato) hanno generato l’influenza Aviaria, la SARS, la Suina e oggi il virus Ebola».

Quando diventa sofferenza
Ogni persona affronta tante paure nel corso della vita: nell’infanzia la paura del buio, di andare a scuola e di allontanarsi dai genitori, più avanti la paura di crescere, dell’ignoto, di amare, della solitudine, della malattia, della morte. «Talvolta la paura può farsi molto intensa e persistere nel tempo, fino ad assumere i caratteri di una vera e propria malattia, come nel caso delle fobie (fobia del sangue, delle altezze, di alcuni animali, etc.), degli attacchi di panico, del disturbo ossessivo-compulsivo».

Come trasformarla da nemica ad amica
Come accennato, la paura non è qualcosa da “vincere”, da “superare”, bensì andrebbe accettata come parte integrante della natura umana. «Non teme nulla solamente chi non è in grado di valutare correttamente le situazioni. Quando di fronte a un evento minaccioso la paura è minima o addirittura assente, le conseguenze possono essere drammatiche, come nel caso della guida spericolata» osserva la psicologa. «Inevitabilmente la vita ci mette costantemente di fronte a problemi e preoccupazioni che generano sentimenti spiacevoli: integrare e armonizzare dentro di sé le proprie ansie è la chiave del proprio equilibrio emotivo». Ma come fare? «Nel caso di paure collettive percepite come incontrollabili (quali attacchi terroristici, Ebola, etc.) è necessario affidarsi a informazioni corrette e fondate dal punto di vista scientifico, soprattutto oggi, nell’era di Internet. A fronte di paure personali, invece, il primo passo è quello dell’autoconsapevolezza e dell’ascolto di sé: riconoscere la presenza di fonti di preoccupazione impedisce l’innescarsi di un circuito negativo che autoalimenta la paura. La parola d’ordine è “evitare l’evitamento”: i comportamenti adottati per sfuggire a quanto percepito come minaccioso incrementano il senso di inadeguatezza della persona ad affrontare situazioni di vita anche semplici» spiega la dottoressa Milesi. Ci sono poi alcune tecniche di rilassamento, come il training autogeno, che permettono di intervenire sulla componente fisiologica dell’ansia, per alleviare sintomi come batticuore, respiro affannoso, tensione muscolare, attraverso esercizi di respirazione e di rilassamento. «Anche la psicoterapia può essere uno strumento prezioso per guardare dentro di sé e individuare il “senso” della paura, ossia la ragion d’essere di quella specifica paura per quella singola persona (c’è chi teme i ragni, chi gli aghi, chi viaggiare in aereo etc.), dando voce e traducendo, piuttosto che zittire o correggere, ciò che l’esperienza intima propone. Nei casi più gravi, infine, sarà probabilmente necessario integrare un intervento farmacologico» conclude la dottoressa Milesi.

Perché, improvvisamente, a un certo punto della vita, si manifesta un attacco di panico? Un’incompleta risoluzione del conflitto tra dipendenza e spinta all’indipendenza sono aspetti che si osservano di frequente nei pazienti con attacchi di panico, che spesso manifestano il disturbo in momenti evolutivi particolari, come il passaggio dalle scuole superiori all’università, l’entrata nel mondo del lavoro,
il matrimonio.

 

a cura di VIOLA COMPOSTELLA
Con la collaborazione della DOTT.SSA MARIA RITA MILESI
Psicologa e Psicoterapeuta
- SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA A BERGAMO -