A volte è colpa della tiroide
Lacrimazione eccessiva, fotofobia (fastidio per la luce), sensazione di occhi secchi (sabbia negli occhi), bruciore, fino ad arrivare, nei casi più seri, alla sporgenza degli occhi (esoftalmo), infiammazione dei muscoli oculari con conseguente difficoltà a muoverli e diplopia (vista doppia). Sono questi i sintomi che possono accompagnare il morbo di Graves- Basedow, la più comune causa di ipertiroidismo a livello mondiale, con un'incidenza media intorno all'1,5-3% della popolazione (soprattutto donne). Nonostante possa manifestarsi a qualsiasi età è più frequente oltre i sessant'anni e nel terzo - quarto decennio di vita.

Una malattia autoimmune
La causa della malattia di Graves-Basedow non è conosciuta e non è possibile nemmeno prevedere chi sia più predisposto a svilupparla. Si sa che è una malattia autoimmune in cui la produzione incontrollata di autoanticorpi diretti contro la tiroide causa l’ipertiroidismo (disturbo del sistema endrocrino caratterizzato dall’eccessiva produzione di ormoni tiroidei, T3 e T4). Tali anticorpi, misurabili nel sangue dei pazienti, si definiscono anticorpi anti-recettore del TSH (il TSH rappresenta il principale fattore di regolazione della funzione tiroidea).

Occhi a rischio
L’esoftalmo, o oftalmopatia basedowiana o di Graves, è una manifestazione clinica extratiroidea (cioè al di fuori della tiroide) presente nel 50-80% dei pazienti. Anche in questo caso non si conoscono le cause per cui l’oftalmopatia si associa all’ipertiroidismo. È ipotizzabile, però, che ci siano delle reazioni immunologiche incrociate tra alcune proteine componenti il tessuto tiroideo e altre dei tessuti orbitali, in particolare i muscoli oculari, il grasso e il tessuto connettivo retro-orbitario. Una volta iniziata, questa manifestazione evolve in modo indipendente, presentandosi a volte anche nei pazienti con funzione tiroidea normale o dopo intervento chirurgico di tiroidectomia (asportazione della tiroide).

La cura? Controllare i sintomi con i farmaci…
Non esiste una terapia specifica per l’oftalmopatia, dal momento che non si conoscono le cause della malattia. È però possibile fare molto per il controllo dei sintomi e segni clinici nei pazienti affetti. Innanzitutto è essenziale il monitoraggio continuo del paziente, da parte sia dell’endocrinologo sia dell’oftalmologo, per definire la tempistica di intervento, che è il passo fondamentale in questa malattia. In presenza di sintomi e segni iniziali infiammatori lievi dell’occhio, possono essere utili lacrime artificiali e gel lacrimali e misure conservative come la protezione degli occhi dall’esposizione a sole e vento, soprattutto nei casi in cui la retrazione delle palpebre è spiccata e quindi la parte anteriore dell’occhio è più esposta. Quando invece compare diplopia o si accerta il coinvolgimento infiammatorio dei muscoli oculari è indicata una terapia immunosoppressiva con corticosteroidi per via orale o endovena (più efficace e con meno effetti collaterali). Questa terapia può migliorare la diplopia e prevenire un’ulteriore evoluzione dell’oftalmopatia verso gradi più gravi. In alternativa agli steroidi sono ora disponibili alcuni farmaci detti immunomodulatori recentemente introdotti nella pratica clinica in altre malattie autoimmuni soprattutto l’artrite reumatoide. Tra questi il rituximab, dimostratosi efficace forse anche più del cortisone in studi clinici molto recenti. Alla terapia immunosoppressiva con steroidi si può associare anche la radioterapia orbitaria che può aumentarne l’efficacia terapeutica. Nei casi in cui, infine, si accerta una progressione dell’oftalmopatia verso una neuropatia ottica acuta, ovvero una compressione del nervo ottico dovuta all’aumento di dimensione dei muscoli oculari, o nei casi di sporgenza oculare marcata, superiore a 23-24 mm, non controllabile con le terapie mediche, si può procedere con un intervento chiamato di decompressione orbitaria.

…o con l’intervento di decompressione orbitaria
L’intervento modifica il rapporto tra il contenuto dell’orbita, che aumenta di volume in seguito alle reazioni infiammatorie dei tessuti orbitali caratteristiche dell’oftalmopatia, e il contenitore orbitale che, essendo costituito da pareti ossee, non può “allargarsi”. In particolare si aumenta il volume del contenitore attraverso la rottura di alcune delle pareti ossee orbitali. Come risultato si ottiene un riposizionamento del globo oculare nell’orbita e una riduzione della sporgenza dell’occhio verso l’esterno e una riduzione degli effetti compressivi dei muscoli oculari sul nervo ottico. L’intervento rappresenta l’unica opzione nel caso di una compromissione acuta del nervo ottico nei casi più severi, che altrimenti porterebbe alla riduzione della capacità visiva fino anche alla cecità, ma può essere eseguito anche in fase non acuta, per la correzione della sporgenza oculare che permane, migliorando in modo definitivo l’aspetto del paziente e la propria percezione di sé.

L'esordio della malattia può accompagnarsi a sintomi piuttosto sfumati, spesso difficilmente inquadrabili, come ansia, difficoltà all'addormentarsi, emotività eccessiva, irritabilità, tremori e facile affaticabilità mentale. Successivamente, oltre all’esoftalmo, compaiono agli altri sintomi tipici: tachicardia, aritmie, aumentato volume della tiroide (gozzo), tremori alle mani, calo di peso.

Endocrinologo e oftalmologo insieme per la terapia migliore
La stretta collaborazione tra lo specialista endocrinologo e oftalmologo è assolutamente necessaria per la gestione del paziente con oftalmopatia. Innanzitutto per inquadrare la malattia e definire i gradi di gravità e di infiammazione. Successivamente è fondamentale per programmare gli interventi chirurgici correttivi ai muscoli oculari e alle palpebre. È necessario che sia l’endocrinologo sia l’oftalmologo valutino il paziente secondo un protocollo di studio condiviso e in linea con i criteri definiti dal Gruppo di Studio sull’Oftalmopatia di Graves dell’Associazione Europea della Tiroide (EUropean Group On Graves’ Orbitopathy - EUGOGO), che permette di determinare i parametri clinici appropriati per l’indicazione alla terapia con immunosoppressori o chirurgica correttiva.

a cura del DOTT. MARIO SALVI 
Specialista in Endocrinologia
- CENTRO OFTALMOPATIA BASEDOWIANA, ENDOCRINOLOGIA, FONDAZIONE CA' GRANDA, OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO, IRCCS DIPARTIMENTO DI SCIENZE CLINICHE E DI COMUNITA' UNIVERSITA' DI MILANO -SEGRETARIO, EUROPEAN GROUP ON GRAVES' ORBITOPATHY (EUGOGO) -