Solo un genitore su due ha portato a vaccinare suo figlio per lo pneumococco, uno su tre quello per il meningococco, appena il 18% l'anti-varicella e solo il 10% l'anti-HPV. Due su cinque temono gli effetti collaterali, immediati e non, dei vaccini. Sono questi alcuni dei dati di una recente indagine condotta dall'Osservatorio Nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidòss). Ma è davvero giustificata tutta questa diffidenza nei confronti dei vaccini? E ha ancora senso, oggi, in Paesi cosiddetti sviluppati come il nostro, vaccinare i bambini? Ne parliamo con il dottor Cesare Ghisi, pediatra.

Un'arma per debellare malattie pericolose
«I vaccini, in particolare quelli pediatrici, sono stati una grande conquista in medicina e tuttora rappresentano una strategia di prevenzione fondamentale» osserva il dottor Ghisi. «Fino ad alcuni anni fa, parlare di vaccinazioni infantili significava, per tutte le famiglie, difendere i propri figli da malattie che, nel secolo scorso, avevano causato epidemie con gravi patologie, frequenti disabilità e mortalità infantile. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, si era posta l'obbiettivo di debellare, con programmi di vaccinazione di massa, sia il vaiolo sia il morbillo malattie che, con la poliomielite e la difterite, erano la causa delle epidemie nel mondo». Il primo obbiettivo è stato raggiunto: il vaiolo è una malattia ormai scomparsa dal pianeta. Il secondo no: il morbillo infatti è ancora diffuso ed è ancora oggi la seconda causa di morte e disabilità in molte zone dell'Africa ed è epidemico in molte aree dell'Europa. Al contrario le vaccinazioni contro la difterite e la polio, hanno enormemente limitato la diffusione di queste sindromi. «Da noi, dagli anni Settanta, grazie proprio alla diffusione di massa dei vaccini sono pressoché scomparse poliomielite, difterite, morbillo, rosolia e parotite. Successivamente sono stati introdotti nuovi vaccini contro l'epatite B, il meningococco, il pneumococco e l'hemophylus influenzae con riscontri altamente positivi» continua il pediatra.

La paura di effetti collaterali, dall'autismo ad altre malattie neurologiche
Nonostante i dati incoraggianti, però, nell'ultimo decennio si è fatto largo nei Paesi cosiddetti sviluppati un movimento di opinione che ha portato alla diminuzione dell'aderenza alle campagne vaccinali, con rischi che, secondo la maggior parte degli esperti, non riguardano solo il singolo bambino che non viene vaccinato. «Da alcuni anni, da noi, non si dà più il giusto valore ai vaccini e si sottovalutano i rischi di recrudescenze di malattie non eradicate. Solo la vaccinazione di massa (almeno l'80%), infatti, impedisce la diffusione di germi/virus, fornendo quella che si dice una copertura di "gregge". Questa corrente di pensiero che tende a mettere in discussione il valore delle vaccinazioni è stata alimentata anche da alcune pubblicazioni "scientifiche" che attribuivano complicanze anche gravi ad alcuni vaccini, come autismo, malattie autoimmuni, sclerosi multipla e altre patologie neurologiche (vedi box). Studi che poi sono stati smentiti o non scientificamente dimostrati, ma mai ritirati dagli organi di informazione di massa, siti web in particolare». Allo stesso tempo, nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo, le campagne vaccinali di molte organizzazioni umanitarie hanno permesso di far crollare la mortalità infantile in molte parti del mondo, fino a poco tempo fa colpite da devastanti epidemie (in primis India e vaste zone dell'Asia e Africa).

Il rischio di nuove epidemie
«è evidente, quindi, che se da noi non rimarrà una buona sensibilità a una copertura vaccinale ottimale, dati i sempre più frequenti flussi migratori interni ed internazionali, ci potrà essere un ritorno di alcune patologie infettive di massa. Già negli ultimi anni, anche in Italia si sono manifestati focolai infettivi di morbillo, pertosse, parotite. Gli ultimi episodi proprio l'estate scorsa in due aree ben distanti geograficamente (Bologna e Olbia) quando centinaia di persone, anche giovani adulti, sono state colpite da morbillo (medici compresi!). Non si può abbassare la guardia. La prevenzione, in questo campo, è sinonimo di progresso» conclude il dottor Ghisi.

Obbligatorie o raccomandate
Oltre alle quattro vaccinazioni obbligatorie (antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica, antiepatitevirale B), il Piano nazionale per la prevenzione vaccinale del Ministero della Salute per il biennio 2012-2014 offre anche la possibilità di vaccinarsi già nei primi mesi di vita, con qualche variazione regionale, contro lo pneumococco, il meningococco di tipo C e l'Haemophilus influenzae tipo B (Haemophilus influentiae), responsabili di varie forme di infezioni respiratorie e meningiti, oltre al vaccino trivalente per morbillo-parotite-rosolia, raccomandato anche agli adulti a rischio di infezione, e l'anti-HPV (Papilloma virus) per la prevenzione del tumore al collo dell'utero nelle bambine a partire dai 12 anni di età.

Il legame (smentito) con l'autismo
Un medico britannico, Andrew Wakefield, nel 1998 pubblicò una ricerca in cui ipotizzava una relazione tra vaccini e autismo. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Lancet, dopo una lunga disputa scientifica durata quasi 12 anni, fu poi smentita, al punto che la stessa rivista fu costretta a ritirare e ritrattare ufficialmente la pubblicazione, ammettendo che "diversi punti del lavoro erano scorretti". Il medico fu invece radiato dall'albo dei medici.

a cura di MARIA CASTELLANO 
con la collaborazione del DOTT. CESARE GHISI
Specialista in Clinica pediatrica a Bergamo