«Queste due stupende bambine sono la dimostrazione che si può combattere una malattia come la leucemia linfoblastica acuta. Le ho volute con tutte le mie forze. Dopo tutte le sofferenze che ho dovuto patire, la prima volta nel 1988, la seconda nel 2000, mi hanno ridato la gioia di vivere. E pensare che solo qualche anno fa ero distrutta, la mia vita era appesa alla chemioterapia con i medici che mi consigliavano di evitare una gravidanza». Lara Belotti è una bella ragazza di 35 anni, alta, mora, occhi scuri, parlantina sciolta, senza peli sulla lingua, un carattere di ferro. E si coccola le figlie, Asia che ha appena compiuto sei anni, e la più piccola Sveva, tre. La sua storia, anzi il suo calvario, inizia in quarta elementare, a 9 anni. Una bambina serena con la solita routine quotidiana tra scuola e oratorio. Poi il dramma.

«Mi sentivo stanca, avevo spesso la febbre a 37 e mezzo. Mi portano all'ospedale di Alzano Lombardo, mi sottopongono ad alcune analisi: scoprono che ho livelli troppo bassi di emoglobina e consigliano un ricovero al Centro specializzato del San Gerardo di Monza. Altre analisi, anche al midollo osseo, e un verdetto che sconvolge soprattutto i miei genitori: ho la leucemia linfoblastica acuta. Subito mi sottopongono alle cure del caso, alla chemio e alle radioterapie. Sto male: vomito, brividi, dolori che non ti mollano notte e giorno e l'annuncio dei medici che mi cadranno tutti i capelli anche se mi consolano garantendomi che cresceranno di nuovo».

Per quaranta lunghi giorni Lara deve rimanere in ospedale, bloccata a letto. Una sofferenza enorme per una bambina, un po' alleviata dall'affetto dei medici e degli infermieri del reparto pediatrico. «In particolare il dottor Biondi, ora primario, la dottoressa Locasciulli e la dottoressa Fraschini, un'equipe fantastica: mi trattavano con tanto amore, come se fossi diventata una loro figlia. Con un altro medico, il dottor Momcilo Jancovic si è instaurata una forte amicizia che dura ancora oggi. Mi ricordo il giorno in cui entrò nella mia stanzetta con una video cassetta che spiegava con un cartone animato quello che stava accadendo nel mio corpicino e a cosa sarei andata incontro. Poi finalmente, dopo 42 giorni, mi fanno scendere dal letto: non riuscivo più a camminare, ma dovevo farcela, dovevo tornare a casa, dai miei amici e passo dopo passo ce l'ho fatta. Ora so cosa prova un bimbo appena muove i primi passi. Ma una volta a casa, comincia un altro dramma: mi guardano tutti in modo strano, qualcuno evita di avvicinarsi. Hanno paura che io possa essere contagiosa. è dura la vita in questo modo e a renderla ancora più dura è la separazione tra i miei genitori che però mi sono stati sempre vicino insieme con mia sorella che ha quattro anni meno di me e soffriva assieme a me. Cresco così. Per altri cinque anni continuo con le terapie. Altri esami, altre analisi e finalmente posso pensare al futuro. Secondo i medici sono guarita».

La vita torna a sorriderle. Nel frattempo Lara è sbocciata e non passa inosservata. Ha un bel fisico e a 17 anni incontra l'amore o almeno così crede. La malattia ormai sembra solo un doloroso ricordo. E invece tre anni dopo durante una vacanza in Sardegna torna la febbre. «Mi sento strana, ma non penso alla mia vecchia storia. Sono passati tanti anni. Torno a Monza, lì ci sono i miei amici medici, sanno tutto di me. Sono la mia famiglia. Mi accolgono a braccia aperte e, anche se nel frattempo sono diventata adulta e loro curano i bambini leucemici, non mi mollano. Per loro è inspiegabile che a distanza di dodici anni si sia ripresentata la stessa identica malattia. Mi crolla il mondo addosso. Il dottor Jancovic si attacca al telefono, chiama i colleghi dell'ospedale di Bergamo che vogliono ricoverarmi subito. Ma io chiedo una settimana di tempo. Dovevo sistemare alcune cose mie. Dovevo prepararmi, e preparare le persone a me care, parenti e amici. Avevo paura perché sapevo a cosa andavo incontro, avrei di nuovo perso i capelli. E allora sono andata dal parrucchiere, li ho fatti tagliare corti, li ho fatti biondi. E si ricomincia. Di nuovo 40 giorni inchiodata in un letto, di nuovo le chemio. Ma non mollo anche se in tutto questo il ragazzo che avevo è sparito». Lara è una combattente. Dopo lo shock iniziale, ritrova la forza e la grinta per reagire. Vuole farcela, vuole vincere questa nuova battaglia. «Mia mamma e mia sorella mi sono sempre vicine, mi danno coraggio. E finalmente posso tornare a casa. Ricrescono anche i capelli, cerco di riprendere una vita normale, di lavorare come grafica pubblicitaria. Poi sei anni dopo conosco l'uomo della mia vita, perdo la testa. Lui mi accetta soprattutto per la forza e il coraggio che dimostro nell'affrontare la vita quotidiana. Abbandono Ranica, andiamo a vivere a Urgnano. Una delusione: mi sembra di rivivere il mio ritorno a casa da bambina. Purtroppo al giorno d'oggi c'è ancora gente ignorante che al solo sentire la parola leucemia ti tratta come un'appestata. Ma io vado avanti lo stesso, non sarà un paesino a fermarmi. Sono la dimostrazione che la leucemia si può combattere, si possono avere dei figli, anche se devo ammettere che appena mi sento un po' strana telefono ai miei amici medici di Monza. Ora vorrei scrivere un libro sulla mia storia per dare una parola di speranza e di aiuto soprattutto ai genitori che soffrono per i loro figli ammalati e non sanno a chi rivolgersi. Come quel padre di una bambina di cinque anni che ho conosciuto in vacanza e che ha la mia identica forma di leucemia. Ma di leucemia oggi si guarisce e l'amore è la cura fondamentale oltre le terapie».

COLPISCE SOPRATTUTTO I PIU' PICCOLI
La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è un tumore ematologico (cioè del sangue) che si sviluppa nel midollo osseo, nel sangue, nel sistema linfatico e in altri tessuti ed è caratterizzato da un accumulo di linfociti, un tipo particolare di globuli bianchi. Il termine "acuta" indica che la malattia progredisce velocemente. Anche se è una malattia relativamente rara in Italia si registrano ogni anno 450 nuovi casi tra gli uomini e 320 tra le donne. La LLA è però il tumore più frequente in età pediatrica tra 0 e 14 anni. L'incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi diminuisce con l'aumentare dell'età fino a essere minima dopo i 29 anni. Potrebbe essere causata da esposizione a radiazioni e da sostanze chimiche come il benzene contenuto in alcuni pesticidi e nel fumo delle sigarette. I sintomi sono stanchezza, perdita di appetito, rischio di infezioni, dolori e sanguinamenti frequenti. La terapia si basa soprattutto sulla chemio e farmaci specifici.

a cura di LUCIO BUONANNO