“Non tenerlo sempre in braccio, non correre appena lo senti pianger… poi si vizia!” Quante volte avrete sentito frasi del genere? Bene, dimenticatele. «Non esistono neonati viziati. I bisogni dei bambini non sono vizi. I bisogni oggettivi dei bambini sono irrinunciabili, necessari alla sopravvivenza e comprendono gli aspetti legati all’affettività e al bisogno di appartenenza» osserva la dottoressa Valentina Mangili, psicologa. «Se un neonato piange non sta facendo i capricci tenendo i genitori sotto scacco, sta utilizzando l’unica modalità che ha a disposizione per chiedere aiuto e comunicare un proprio bisogno. Chi non si attiva rispondendo al pianto del proprio bambino gli sta negando la possibilità di rendersi attivo nella relazione e gli sta indirettamente dicendo che il suo modo di esprimere i propri bisogni non è efficace».

Uno dei bisogni più forti del neonato, oltre ovviamente al mangiare, è stare costantemente a contatto con la mamma. Perché?
Quando un bimbo nasce, passa da un equilibrio e da un avvolgimento totale nel corpo della sua mamma alla disordinata e disturbante vita extrauterina, fatta di rumori, luci e spazi vuoti che prima della nascita erano per lui sconosciuti. Inizia da quel momento un periodo chiamato esogestazione, proprio perché i bisogni del neonato sono gli stessi che aveva nel ventre materno, nutrimento, contatto fisico e contenimento. Il contatto, per l’uomo, è uno dei requisiti fondamentali per la sopravvivenza, gli serve per regolare il proprio metabolismo, la temperatura corporea e per sperimentare sicurezza, contenimento, fiducia in sé. Fin da neonati, il tatto e le sensazioni di piacere che derivano dalla propria pelle danno un confine, un limite che aiuterà l’acquisizione del senso di identità. Alla nascita il bambino è totalmente dipendente dalla madre e necessita di sostentamento, dunque non solo del latte per il nutrimento ma anche di amore e sicurezza. Ogni neonato ha bisogno di protezione e desidera essere tenuto in braccio, sentire che qualcuno lo sorregge, gli dà un confine nello spazio, gli dà calore, così come facevano le pareti uterine materne prima della nascita.

Ma cosa ci porta a confondere un bisogno con un vizio?
Molti adulti di oggi sono figli dell’epoca in cui se un bambino piangeva, una volta pulito, nutrito e coperto… allora era sicuramente un capriccio, bisognava lasciarlo piangere così “si faceva i polmoni!”. Il bravo genitore era colui che domava i propri figli fin dal principio, i bravi bambini quelli che non disturbavano gli adulti. Ancora oggi molte mamme sono convinte di dover “impostare” i neonati! Troppe volte fin dai primi istanti di vita di un bambino la mamma si sente rivolgere commenti del tipo: “Ma lo tieni sempre in braccio? Guarda che poi si abitua e non te lo stacchi più!” “Dorme ancora nel lettone con voi? Quando pensi di togliergli questo vizio?”, “Non dagli sempre il seno ogni volta che piange! Deve imparare a trovare altri modi di consolazione! Non vorrai mica tenerlo sempre attaccato!”. Affermazioni di questo tipo, che ormai da anni nella nostra cultura si tramandano di generazione in generazione, inducono le madri a pensare che il bambino chieda troppo e che stia a loro limitare le occasioni di contatto. Niente di più infondato dal punto di vista puramente fisiologico. Al contrario, è normale e sano che i bambini cerchino la vicinanza fisica e il contatto con la madre: è un bisogno irrinunciabile di tutti i neonati e rappresenta un’iniezione di fiducia essenziale per l’acquisizione dell’autostima. Non esistono evidenze scientifiche che affermino il contrario. Questo non significa che le mamme debbano essere “ostaggio” dei loro bambini, ma semplicemente che i pregiudizi della nostra cultura nascondono stereotipi privi di verità.

Indipendenza? Ognuno ha i suoi tempi
Nella nostra cultura basata sulla separazione madre/bambino si ritiene che il neonato debba essere da subito “bravo”, cioè che non disturbi, che dorma tutta la notte, che sia autonomo e indipendente. Si ignora, spesso, l’importanza della necessaria e fisiologica relazione di dipendenza fra madre e neonato, indispensabile per conoscersi e crescere, fin dai primi momenti di vita. Forzare un’indipendenza precoce nel neonato significa non accettare i tempi e le modalità proprie del mondo infantile, ma imporre al contrario schemi di crescita rigidi, adulti e razionali. Sembra che i tempi di svezzamento, di esìli dal lettone e/o dalla camera dei genitori, di durata dell’essere presi in braccio o delle coccole debbano sempre essere stabiliti da altri più competenti. Bisogna invece comprendere che la definizione di tempi universali e limiti di relazione fisica con i bambini impedisce ai genitori di riconoscere l’unicità del proprio figlio e della propria storia familiare. Il bambino costruisce la fiducia in sé attraverso il successo nel comunicare i propri bisogni e l’adeguatezza delle risposte ricevute.

a cura di Viola Compostella 
con la collaborazione della dott.ssa Valentina Mangili 
Psicologa Clinica
Presso Farmacia San Faustino Nembro