Da molti anni si pensa che i problemi di salute più importanti siano tumori o infarti, o ancora malattie cronico-degenerative come il diabete, ma AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha messo da parte ogni diplomazia: la cosiddetta antibiotico-resistenza è reale, in costante aumento, e mette a repentaglio decenni di scoperte scientifiche e soprattutto la salute di ciascuno di noi.

In una recente Review on Antimicrobial Resistence si indica che nel 2050 le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti all’anno nel mondo, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 milioni), diabete (1,5 milioni) o incidenti stradali (1,2 milioni) con una previsione di costi che supera i 100 trilioni di dollari. Dati allarmanti perchè di fatto gli antibiotici sono ad oggi l’unica arma per contrastare le infezioni. L’uso inappropriato che se n’è fatto da anni, però, ci ha reso “resistenti” alla loro efficacia, creando così una situazione assolutamente nuova, potenzialmente una minaccia alla salute di tutti. La comunità scientifica ormai concorda su alcune linee d'indirizzo.
• La necessità di modificare radicalmente un atteggiamento diffuso. È comune tenere in casa confezioni di antibiotici, magari assunti precedentemente e “avanzati” (le confezioni di antibiotici hanno un numero standard di compresse). Molti sollecitano che la vendita di antibiotici in farmacia sia “dosata” per la singola infezione: il medico ha prescritto l’antibiotico Y per 6 giorni con due somministrazioni ogni 12 ore? In farmacia devono consegnarmi 12 compresse “misurate” alla mia terapia.
• L’istituzione di fondi destinati alla ricerca, come recentemente è avvenuto negli Stati Uniti: circa 1,2 miliardi di dollari per il solo 2016. Ma più che esempi virtuosi di una nazione o dell’altra, sarebbe opportuno che s'istituisse un fondo globale di finanziamento. Inoltre, per le aziende che decidono di investire in ricerca, strumento essenziale per superare la resistenza agli attuali farmaci, si potrebbero ipotizzare dei “premi” economici per eventuali nuove scoperte o oneri finanziari aggiuntivi per chi invece non investe in ricerca. La ricerca potrebbe orientarsi anche a sfidare un attuale limite, ovvero l’impossibilità di determinare, all’inizio dell’infezione, se si tratta di un virus o di un batterio: in caso d'incertezza, spesso scatta la somministrazione di antibiotici, mentre l’individuazione precoce di un eventuale virus li farebbe risparmiare.
• L’uso di vaccini per tutti i casi opportuni: Ia vaccinazione porta a ridurre i casi di infezione, quindi la necessità di ricorrere ad antibiotici. La sola vaccinazione per lo Streptococcus pneumonia, ad esempio, potrebbe portare a prevenire oltre 11 milioni di giorni di utilizzo di antibiotici, riducendo, oltre ai costi, la probabilità che si sviluppi una resistenza.

Recentemente, dicevamo, AIFA è scesa in campo con un messaggio diretto: i cittadini non devono assumere questa classe di farmaci per curare l’influenza, infezioni virali o raffreddori non di origine batterica, ma ricorrere agli antibiotici solo quando necessario e dietro prescrizione del medico, seguendo scrupolosamente dosi e tempi della terapia per non inficiarne gli effetti.
In sintesi: usare bene gli antibiotici è una responsabilità del singolo nei confronti della propria salute per avere sempre a disposizione farmaci efficaci, ma anche una responsabilità collettiva.

Più che nuove scoperte scientifiche, serve un cambiamento delle abitudini diffuse, come quella di assumere gli antibiotici su iniziativa personale ai primi sintomi d'influenza. Ecco le raccomandazioni dell'AIFA 

a cura di COMITATO REDAZIONE IPASVI BERGAMO

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