Sono uno dei motivi più frequenti di liti tra i vicini: cani che abbaiano di giorno e di notte, gatti che come funamboli si spostano da un balcone all’altro, uccellini e altri volatili che non smettono di cantare disturbando la quiete. Eppure esistono leggi che permettono di godere della sacrosanta compagnia dei nostri amici a quattro (o due) zampe, anche se si vive in condominio, nel rispetto della salute psico-fisica di tutti, vicini compresi.

«Anche i giudici e i legislatori si sono accorti da tempo dell’importanza del rapporto tra uomo e animale domestico per lo sviluppo e l’espressione della personalità dell’individuo e più in generale per il suo benessere psico-sociale. Tant’è che da tempo ritengono che questo rapporto meriti garanzie addirittura costituzionali (vedi box)». Chi parla è il geometra Roberto Bertola, responsabile dell'Ufficio SICET-CISL di Bergamo. Ci siamo rivolti a lui, esperto in questo ambito, per orientarci un po’ meglio tra diritti e doveri degli animali in condominio.

Partiamo dai diritti. Cosa dice la legge riguardo agli animali. In condominio? È possibile vietarne la presenza?
Ormai non più. La Riforma della disciplina del condominio ha aggiunto nel giugno del 2013 un nuovo comma in coda all’art. 1138 del Codice Civile che dice “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. Cioè, in parole semplici, la maggioranza dell’assemblea dei condomini non può vietare agli abitanti del condominio di detenere animali domestici nei loro appartamenti. Con questo nuovo comma il condominio non è però diventato l’arca di Noè. Si parla infatti di “animali domestici”, cioè destinati ad abitare in casa, creando con il “padrone” un legame di affezione. Intende insomma quegli animali che rientrano nelle ordinarie consuetudini familiari (cani e gatti, uccellini da gabbia, pesci di acquario, criceti) e non quelli esotici (pappagalli), selvatici (iguane), pericolosi (pitoni o tigri) o quelli che possono essere in qualche modo “addomesticati” (scimmiette) o che possono essere fonte di reddito o allevati a fini alimentari (tipo mucche, asini, capre, pecore e galline). Con il nuovo comma dell’art. 1138 del codice civile, ancora, il condominio non si è nemmeno trasformato in area di libero transito, razzolo o gioco di animali, in quanto già da tempo esistono regole per l’incolumità degli individui e il loro vivere civile. In linea generale le esigenze in condominio si riassumono nella comprensibile preoccupazione sotto il punto di vista della sicurezza e della incolumità fisica da un lato, del vivere civile e della tranquillità (immissioni acustiche e olfattive, oltre che utilizzo delle parti comuni) dall’altro, da cui derivano una serie di doveri e obblighi per i proprietari degli animali domestici.

Ci può fare qualche esempio?
L’ordinanza del Ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009 e aggiornata il 3 settembre 2013, già prevedeva misure di cautela generale quali, tra le altre, l’obbligo per i proprietari di un cane di mantenere pulita l’area di passaggio, utilizzare un guinzaglio di misura non superiore a 1 metro e mezzo e, nel caso di animali aggressivi, applicare la museruola, oggetto che peraltro deve essere sempre portato con sé. Inoltre, con riferimento all’art. 2052 del Codice Civile, il padrone ha la generale responsabilità della custodia dei suoi animali, che in un condominio diventa cura della pulizia e dell’igiene delle parti comuni, sia per evitare che queste ultime vengano sporcate dall’animale sia per intervenire in caso di effettivo imbrattamento.

E per quanto riguarda l’abbaio, una delle “abitudini” considerate più moleste dai vicini, quali sono le regole?
Si ha vera e propria molestia solo e soltanto quando l’abbaiare sia tale da superare la normale soglia di tollerabilità (art.844 Codice Civile). Per inciso, il semplice abbaio viene considerato un fatto naturale del cane il cui suono rientra nei normali rumori di fondo che caratterizzano il vivere collettivo. La Cassazione ha precisato che la normale tollerabilità viene superata solo quando i latrati siano insistenti e quindi non episodi saltuari, visto che la natura del cane non può essere coartata (costretta) al punto da impedirgli del tutto di abbaiare (Cass. n.7856 del 2008). Capita a volte che alcuni padroni siano fuori casa per lavoro tutto il giorno e che, seppur inconsapevolmente, lascino in un vero e proprio stato di abbandono i loro cani, provocando disagi al resto dei condomini a causa di escrementi, esalazioni maleodoranti, latrati, pericoli di aggressioni e quant’altro. In caso di raggiungimento di livelli insostenibili e non di solo fastidio, il vicino può contattare prima il proprietario degli animali e in seconda battuta ricorrere in via d’urgenza (ex art. 700 Codice di Procedura Civile) al magistrato per ottenere l’allontanamento dell’animale molesto, sia per tutelare in tempi brevi il proprio diritto alla salute minacciato da un pericolo che potrebbe essere imminente e irreparabile, sia per rimuovere lo stato di disagio abitativo e psicologico.

Gli animali domestici? Membri della famiglia, anche per la Legge
• Il Tribunale di Varese, con sentenza del 07-12-2011, ha riconosciuto il diritto di visita in ospedale al cane del paziente ricoverato.
• Il Tribunale di Vercelli, con sentenza del 24-10-2004, ha consentito al cane del detenuto il diritto di visita in carcere, in quanto “membro della famiglia”.
• La Cassazione (che è il massimo organo di governo e indirizzo dei giudici), con decreto del 13-03-2013, ha precisato che esiste un “vero e proprio diritto soggettivo dell’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico” che impone di ritenere l’animale collocabile non più nell’area concettuale delle “cose” ma “come essere senziente”.

a cura di ELENA BUONANNO
ha collaborato con il GEOM. ROBERTO BERTOLA
- RESPONSABILE DELL'UFFICIO SICET-CISL DI BERGAMO -