Sono sempre di più i genitori che scelgono di non vaccinare i figli. 
Gli esperti mettono in guardia: così si aprono le porte al ritorno di malattie che si pensavano debellate. Un esempio su tutti? La pertosse.
Sono fra le scoperte scientifiche più importanti per il genere umano, eppure continuano a essere guardati con sospetto da una parte dell'opinione pubblica. Sono i vaccini. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in Italia, il tasso di vaccinazioni nel 2014 (ndr. ultimo dato disponibile) è stato al di sotto degli obiettivi minimi previsti dal piano vaccinale.

Al di sotto del 95% le vaccinazioni per poliomielite, tetano, difterite ed epatite B e la percentuale cala ulteriormente per le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia che raggiungono una copertura dell’86%. Il calo riguarda anche gli adulti, con l’immunizzazione contro l’influenza, che la scorsa stagione si è fermata al 13,6% per tutte le fasce di età, restando al di sotto del 50% anche negli anziani, quelli per cui è più indicata, toccando il minimo degli ultimi 10 anni. Dati che, come sottolineato dall’Iss, destano non poca preoccupazione. Calando le percentuali di bimbi immunizzati, infatti, si rivedono casi di morte evitabili per malattie come il morbillo e la pertosse. E la campagna contro le vaccinazioni non riguarda solo l’Italia, ma anche Paesi come gli Stati Uniti e la Germania, dove nei primi mesi del 2015 si sono avute le epidemie di morbillo più numerose degli ultimi anni, e la Spagna, dove si è verificato un caso di difterite che ha causato il decesso di una bambina. Senza contare che a poche ore di volo dall’Italia ci sono ancora casi di poliomielite e le difficoltà nel controllo dei flussi migratori rischiano di creare, quindi, problemi di salute pubblica. Ma perché tutta questa diffidenza nei confronti dei vaccini? Quanto sono giustificate le paure di mamme e papà? Che rischi reali si corrono se ci si vaccina e quali, invece, se non solo si fa? Diamo la parola a Fabrizio Pregliasco, Professore Aggregato di Igiene Generale e Applicata presso il Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell'IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. Prima però sgombriamo il campo da equivoci: come rivista scientifica non abbiamo nessun, e ribadiamo nessun, interesse (men che meno economico) a spingere verso le vaccinazioni, come invece ci è stato contestato in occasione di un articolo sui vaccini pubblicato anni fa. Il nostro unico interesse è fare chiarezza su un tema delicato, intorno al quale spesso circolano e rimbalzano, soprattutto nel web, informazioni non supportate da evidenze scientifiche, avvalendoci di una delle massime autorità in materia, il professor Pregliasco.

Professor Pregliasco, quanto sono sicuri i vaccini?
I vaccini in uso sono sicuri e ben tollerati. Ogni vaccino infatti, prima di essere approvato viene sottoposto a una lunga sperimentazione per valutarne la tollerabilità e sicurezza oltre che la capacità di indurre una risposta immunitaria efficace e duratura, sia somministrato singolarmente sia in associazione con altri vaccini. Non solo. Anche dopo l’autorizzazione all’utilizzo continua la sorveglianza sulla sicurezza dei prodotti e sulla compatibilità in associazione tra loro attraverso un costante rilevamento degli eventi avversi. Certo, come tutti i farmaci, in alcuni soggetti possono provocare effetti collaterali di lieve entità, come dolore, arrossamento e gonfiore nella zona dell'iniezione, febbre modesta, irrequietezza o sonnolenza. Questi sintomi compaiono in genere entro 48 ore e regrediscono spontaneamente con l'aiuto di farmaci antifebbrili e antinfiammatori. Molto raramente possono manifestarsi febbre elevata ed eccezionalmente reazioni neurologiche o allergiche di tipo anafilattico. A fronte di questi rari effetti collaterali, la valutazione e quanto si è fatto fino a ora in termini scientifici conferma l’opportunità della vaccinazione. Emblematico è, invece, che cercando “vaccini” in un qualunque motore di ricerca in internet troviamo una comunicazione di mamme, cittadini e persone varie che mettono in dubbio l’efficacia dei vaccini.

Ma da cosa deriva tutto questo scetticismo?
Le vaccinazioni subiscono un problema di fondo legato al fatto che mentre siamo abituati a utilizzare abitualmente i farmaci, di cui magari comunque conosciamo possibili effetti collaterali, perché abbiamo i sintomi della malattia e quindi l’urgenza di utilizzarli per stare meglio (pensiamo a un forte mal di denti!) per un vaccino dobbiamo invece convincerci dell’utilità di accettare una scommessa sul futuro (la possibile esposizione a un virus o un batterio) a fronte di possibili effetti collaterali da scontare nell’immediato. Inoltre l’efficacia stessa delle campagne vaccinali riduce la percezione della pericolosità delle patologie che esse stesse prevengono. Un esempio eclatante riguarda la poliomielite che sino a due generazioni fa era ampiamente diffusa anche nella popolazione italiana. Oggi invece che la malattia è stata eradicata almeno nel nostro continente grazie all’uso del vaccino, se ne mettono in evidenza in eccesso i suoi possibili effetti collaterali. A tutto questo si aggiungono poi altri fattori, come i “presunti” allarmi sui vaccini che ciclicamente tornano a farsi sentire e che ogni volta risollevano i dubbi. Mi riferisco, ad esempio, alle problematiche riguardanti il ritiro del vaccino antinfluenzale da parte del Ministero nel 2012 per presunte imperfezioni poi non confermate o all’ipotesi di correlazione nel 2014 con decessi successivi alla vaccinazione antinfluenzale, anch'essa successivamente non confermata, per non parlare del ritiro cautelativo da parte della stessa azienda produttrice di un vaccino esavalente. Questi interventi invece che essere interpretati come un'attenzione particolare alla sicurezza, come peraltro avviene per altri prodotti farmaceutici, sono stati ribaltati come una prova certa della pericolosità dei vaccini.

Ma è in qualche misura giustificato questo clima di sospetto?
Se si guarda ai numeri e alle nude cifre, si può chiaramente comprendere come sia più frutto di un timore irrazionale che di una realtà di fatto. Partiamo da un presupposto utile a chiarire i termini della questione: le vaccinazioni nel loro insieme costituiscono uno dei più sicuri ed efficaci metodi per garantire la salute pubblica, per cercare di immunizzare ampie fasce di popolazione nei confronti di agenti patogeni (virus e batteri) che - lasciati liberi di circolare all’interno della nostra società - potrebbero creare ondate epidemiche con gravi ricadute in termini di salute pubblica. L’efficacia della pratica è dunque legata alla sua diffusione: si cerca infatti di avere una immunità cosiddetta di gregge tale da evitare il contagio anche tra coloro che per vari motivi non possono essere vaccinati. In questo modo è possibile ottenere risultati da un punto di vista sanitario: basti pensare alla vaccinazione antivaiolosa che ha permesso l’eradicazione totale della malattia in tutto il mondo nel 1978. Solo venticinque anni prima questa malattia contagiava 50 milioni di persone, con un tasso di mortalità vicino al 35%. Attualmente i dati indicano un successo delle pratiche vaccinali: nel decennio 2000-2010 c’è stata una riduzione consistente dei casi di epatite B, che sono calati dell’81,54%. I casi di morbillo del 73,37%, di rosolia del 98,20%. Nel 2002 l'Italia, così come tutta la regione europea, è stata dichiarata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità polio-free. I casi di difterite sono stati 0 e 57 quelli di tetano. Anche la parotite è diminuita sensibilmente: da 37.669 casi del 2000 siamo giunti, nel 2010, a 534 casi, con un decremento del 98,58%. Si tratta di risultati importanti, ma ancora lontani dagli obbiettivi: la copertura del 95% della popolazione per assicurare l’immunità di gruppo.

Tra le paure principali dei genitori, però, c’è quella che il vaccino possa causare l’autismo, legame che è stato in passato confermato anche da uno studio scientifico…
Tutto nasce con un “famoso” (ma sarebbe più corretto dire “famigerato”) studio apparso sulla rivista medica Lancet che avrebbe dimostrato la correlazione tra autismo e vaccino contro il morbillo. Questo studio, condotto nel 1998 da un medico inglese, Andrew Wakefield, rappresenta un falso riconosciuto dallo stesso autore. Wakefield aveva truccato i dati al fine di evidenziare come il calendario vaccinale (più ancora dello stesso vaccino, tra l’altro) potesse predisporre alcuni bambini verso il disturbo autistico. Sulla base di tale studio si era fatto promotore - con tutti i diritti correlati, anche da un punto di vista economico - di una campagna di vaccinazione da lui messa a punto. Lancet, riconosciuto l’errore, pubblicò per la prima volta nella sua prestigiosa storia una smentita con tanto di scuse, ma ormai il danno era compiuto. E la teoria falsa di Wakefield rimane tutt’ora un’arma in mano al fronte degli antivaccinatori che ignorano la conclusione della storia. Lo studio di Wakefield ha avuto comunque un merito, benché indiretto: da quel momento sono iniziate interminabili verifiche di tipo epidemiologico, mirate proprio a studiare la possibile correlazione tra vaccinazioni e disturbi di vario genere, dai disordini autoimmuni alle malattie tumorali. Ebbene nessuna di queste review ha mai dimostrato un legame concreto tra la pratica della vaccinazione e un aumento del rischio di contrarre queste malattie.

Un’altra obiezione frequente da parte di chi è contro i vaccini è che le campagne vaccinali siano “sostenute” dalle grandi aziende farmaceutiche. Come stanno davvero le cose? 
Secondo gli “antivaccinatori” i protocolli vaccinali messi a punto non sarebbero altro se non i frutti di un accordo perverso tra governi e case farmaceutiche per garantire alle ultime un fatturato derivante dall’obbligatorietà della vaccinazione stessa. In realtà, dagli anni ’50 in poi , l’impegno e la ricerca sui vaccini sono diminuiti: lo studio e l’approvazione di un nuovo vaccino sono estremamente dispendiosi a fronte di un fatturato che non è poi così ricco come si potrebbe immaginare. A livello mondiale, il mercato dei vaccini è di circa 8 miliardi di euro, una cifra che rappresenta soltanto il 2% dell’intero mercato farmaceutico, una somma equivalente più o meno alle vendite di un solo farmaco di successo contro l’ulcera.

Ma cosa rischiano i genitori che non vaccinano i proprio figli?
Ormai è in atto una depenalizzazione anche se a tutt’oggi l'obbligo vaccinale non è stato abolito (vedi box). In Veneto ad esempio da alcuni anni si è attuata una sospensione dell'obbligo vaccinale con l'intento di arrivare all’adesione spontanea grazie a un serio lavoro di sensibilizzazione e soprattutto di predisposizione dei servizi vaccinali già in atto da tempo nella Regione. Di fatto alcune disposizioni già in essere che vedono preponderante, giustamente, l’interesse alla scolarizzazione rispetto all’adesione alle vaccinazioni, permettono alle scuole di accettare gli alunni, salvo avvisare le ASL dell’inadempienza vaccinale. La strada migliore sarebbe sostituire l'obbligo vaccinale al genitore con l'obbligo di proposta vaccinale dei medici e dei servizi sanitari. È quindi ormai indispensabile un passaggio progressivo dall'obbligo alla persuasione, dall’imposizione poliziesca al consenso informato; ma tutto ciò deve essere compensato con un’ampia campagna di informazione che coinvolga tutta la popolazione.


Il 20% delle famiglie italiane
(dati ISPO per conto della Fondazione Veronesi, 2013) si dichiara contrario alle vaccinazioni di profilassi in età pediatrica

Il meccanismo d’azione 
Un vaccino è un prodotto biologico che può essere costituito da:
•agenti microbici virali o batterici interi vivi e attenuati o inattivati o uccisi (morbillo-parotite-rosolia-varicella, antipoliomielite)
•componenti del microrganismo (antiinfluenzale) o sostanze da esso sintetizzate (antidifterite, antitetano) o proteine ottenute sinteticamente (antiepatite B)
•antigeni polisaccaridici coniugati con proteine di supporto per aumentarne l’immunogenicità (anti pneumococco, antimeningococco, antihaemophilus)
I componenti del vaccino sono in grado di stimolare il sistema immunitario senza provocare le manifestazioni dell'infezione che si vuole prevenire. Tali componenti, detti antigeni, a seconda del tipo e della modalità di preparazione, possono richiedere l'aggiunta di sostanze (adiuvanti) che aiutano il sistema immunitario a sviluppare una protezione migliore e più duratura.

Controindicazioni
Esistono delle controindicazioni temporanee e permanenti. Al momento della vaccinazione, la persona deve essere in buone condizioni di salute. Malattie poco importanti, come il raffreddore o lievi infiammazioni delle prime vie aeree, non costituiscono una controindicazione alla vaccinazione, che invece deve essere rinviata quando sono in corso affezioni acute febbrili, manifestazioni allergiche, terapie con farmaci che riducono la risposta immunitaria al vaccino. 
Le controindicazioni permanenti sono rappresentate da: malattie neurologiche evolutive, in particolare per alcuni vaccini; malattie del sistema immunitario, per i vaccini costituiti da virus o batteri vivi attenuati; ipersensibilità accertata ai componenti del vaccino; importanti reazioni alle dosi precedenti dello stesso vaccino.

Obbligatorie o facoltative
Oggi in Italia l’obbligo vaccinale riguarda 4 delle 13 vaccinazioni offerte dal Servizio Sanitario Nazionale, mentre 9 sono quelle raccomandate dal Ministero della Salute e quindi da Regioni e Asl:
• obbligatorie: poliomielite, difterite, tetano ed epatite B
• raccomandate: pertosse, Hemophilus influenzae, morbillo, rosolia, parotite, meningococco C, pneumococco, influenza e – recentissimo - papillomavirus.
A parte le 4 obbligatorie, quindi, le altre, sebbene il Sistema Sanitario Nazionale le proponga gratuitamente, sono facoltative.

a cura di ELENA BUONANNO

ha collaborato il PROF. FABRIZIO PREGLIASCO
- PROFESSORE AGGREGATO DI IGIENE GENERALE E APPLICATA PRESSO IL DIPARTIMENTO DI SCIENZE BIOMEDICHE PER LA SALUTE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO E DIRETTORE SANITARIO DELL'IRCCS ISTITUTO ORTOPEDICO GALEAZZI DI MILANO -