Scoprire di avere un nodulo alla tiroide genera sempre un po' di ansia e di timore. In realtà nella maggior parte dei casi (circa il 95%) si tratta di forme benigne che devono essere monitorate nel tempo, con attenzione ma senza allarmismi. Patologia molto diffusa al punto che colpisce circa il 20% della popolazione (con maggiore incidenza nel genere femminile e in aree cosiddette iodio carenti come ad esempio la nostra provincia), si manifesta con la formazione, in una o più zone della tiroide di un piccolo ammasso di cellule di consistenza, compattezza e contenuto diverso dal tessuto circostante e in parte separato da quest'ultimo.

Una scoperta spesso occasionale
I noduli tiroidei in genere non danno sintomi evidenti e spesso vengono diagnosticati in modo casuale durante una semplice ecografia del collo oppure dei vasi carotidei. In questo caso è importante un controllo nel tempo sia ripetendo l'ecografia (che consente di valutare forma, numero, dimensioni e vascolarizzazione dei noduli) sia eseguendo il dosaggio degli ormoni tiroidei, T3 e T4, e del loro controllore, il TSH, l'ormone prodotto dall'ipofisi, la piccola ghiandola all'interno del cervello che controlla il funzionamento di tutto il sistema endocrino. Gli ormoni della tiroide T3 e T4 contengono iodio e sono essenziali per il buon funzionamento di tutti gli organi. Tra i parametri da tenere in considerazione, in particolare, ci sono i margini (se sono regolari o no), la vascolarizzazione (i noduli non vascolarizzati sono quelli a minor rischio, mentre quelli vascolarizzati vanno osservati con maggiore attenzione) e le dimensioni. In generale, in base anche a quanto suggeriscono le principali società scientifiche, se le dimensioni sono inferiori al centimetro è ragionevole effettuare semplicemente un follow up nel tempo. Nel caso siano superiori al centimetro e in presenza di noduli sospetti è consigliabile invece uno studio citologico, effettuato attraverso l'ago aspirato. In questo modo si identifica nella maggior parte dei casi la natura, benigna, intermedia o maligna, del nodulo. Fortunatamente le forme maligne, ovvero tumorali, sono molto rare, circa il 5% dei casi.

La prevenzione? Assumere iodio a sufficienza
L'unica forma di prevenzione riconosciuta come valida è garantirsi una quantità adeguata di iodio, che come abbiamo visto svolge un ruolo fondamentale per il corretto funzionamento della ghiandola. Senza lo iodio, infatti, si mette la tiroide in una condizione di eccessivo impegno funzionale che favorisce la comparsa di noduli. La sua carenza, che in passato era endemica in diverse aree italiane tra cui anche la bergamasca, era causa del tipico "gozzo" (vedi box). Lo iodio si assume con gli alimenti (pesci e crostacei, uova, carne rossa, legumi, funghi freschi, verdure tipo radicchio e spinaci). Poiché la nostra alimentazione tende a esserne povera può essere indicato consumare sale iodato, naturalmente sempre con la necessaria moderazione. Da quando questo tipo di sale ha preso un po' più piede, l'incidenza della patologia, pur restando molto diffusa, è calata significativamente.

La cura: dalla terapia sostitutiva alla chirurgia
Oggi, grazie a terapie sempre più personalizzate, è possibile convivere con patologie tiroidee come i noduli senza grossi problemi. E anche nel caso del tumore, le percentuali di guarigione e sopravvivenza sono molto alte. La terapia può essere ormonale o chirurgica, a seconda dei casi. La terapia ormonale cosiddetta sostitutiva, ben tollerata dal paziente, ha l'obbiettivo di ripristinare una quantità di ormoni tiroidei nella norma, somministrando tiroxina (ormone tiroideo T­4). Il ricorso all'intervento chirurgico (tiroidectomia, cioè asportazione della tiroide, totale o parziale) invece è limitato solo ad alcuni casi selezionati e in particolare quando la tiroide contenente uno o più noduli è significativamente ingrossata, al punto da dare problemi meccanici e/o spostamento della trachea, o quando l'esame con agoaspirato ha mostrato la presenza di cellule anomale o tumorali. Il tipo di intervento andrà deciso di volta in volta sulla base delle caratteristiche dei noduli e in relazione al volume della ghiandola. L'eventuale deficit ormonale successivo all'intervento potrà essere risolto con un'adeguata terapia sostitutiva.

Il termine gozzo indica l'aumento di volume e peso della tiroide. Si manifesta con un rigonfiamento più o meno evidente e simmetrico del collo, e può avere diverse ripercussioni sulla salute dell'individuo, dal metabolismo alla frequenza cardiaca.

Una ghiandola a forma di farfalla
La tiroide è una ghiandola endocrina, a forma di farfalla con le due ali poste ai lati della laringe. Anche se di dimensioni piuttosto piccole, è molto importante perché regola lo sviluppo, i processi metabolici e il consumo di energia dell'intero organismo, con una forte influenza su molteplici funzioni corporee (peso, colesterolo, battito cardiaco, vista, massa muscolare, ciclo mestruale, stato mentale, cute e capelli). E lo fa attraverso la produzione di due ormoni: la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). La sintesi di questi ormoni, per la quale è indispensabile lo iodio, a sua volta è stimolata dal rilascio di un altro ormone, il TSH (ormone tireostimolante) che viene prodotto dalla ipofisi, posta alla base del cranio, e ha il compito di regolare il livello di funzione della tiroide.


a cura del DOTT. ROBERTO MANFRINI
Specialista in Endocrinologia
- PRESSO IL CENTRO DIAGNOSTICO DI TREVIGLIO E IL POLICLINICO SAN MARCO DI ZINGONIA -